VENEZIA 71 – I nostri ragazzi, di Ivano De Matteo (Giornate degli Autori)

i nostri ragazzi

Fare la cosa giusta o difendere chi si ama: la questione morale attorno a cui ruota il film di De Matteo appassiona e divide, e il susseguirsi degli eventi è costruito con cura e gradualità, nonostante la recitazione affannata in determinati punti e le spiegazioni che, nella seconda parte, prendono il sopravvento sulle omissioni, gestite con una maggiore raffinatezza.

 

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i nostri ragazziDue nuclei familiari: padre, madre e figlio sedicenne; padre, nuova moglie del padre, figlia sedicenne e bimbo nato dal secondo matrimonio. I due padri fra loro sono fratelli, e sembrano mossi da ideali completamente diversi. Uno è avvocato, non sempre difende clienti che si trovano dalla parte lesa, conduce un tenore di vita elevato. L’altro è un chirurgo pediatrico, critica spesso le scelte del fratello e partecipa malvolentieri a cene a quattro, che con la moglie prova costantemente a sdrammatizzare. Finché i due figli sedicenni non compiono un crimine, con la stessa leggerezza con cui si commette una bravata che si dimentica facilmente. E gli equilibri familiari si spezzano, si rimarginano, si rimodellano, con colpi di scena continui che mettono in discussione ciò che pensavamo di aver colto dei personaggi.

Partendo dal romanzo di Herman Koch La cena, Ivano De Matteo costruisce un dramma familiare che si svoltola su una tensione dapprima tratteggiata con ironia, che poco a poco sfuma in tragedia. Fare la cosa giusta o difendere chi si ama: la questione morale attorno a cui ruota il film di De Matteo appassiona e divide, come già aveva fatto nel 1989 Music Box di Costa-Gavras; lì era un padre l’improvviso sconosciuto che non si sa se denunciare o proteggere. Qui due figli adolescenti: lei sicura di sé, lui fragile, entrambi avviluppati in un’agiatezza che li rende inconsapevolmente meschini, spensieratamente razzisti e criminali. Il susseguirsi degli eventi è costruito con cura e gradualità: nelle inquadrature pulite, nel coprire alcuni dialoghi chiarificatori, nelle scelte musicali, insieme leggere e potenti. Nella seconda parte convincono di meno la recitazione affannata di Giovanna Mezzogiorno e quella eccessivamente vibrante di Luigi Lo Cascio, così come le spiegazioni che prendono il sopravvento sulle omissioni, gestite con una maggiore raffinatezza. Ma il rischio di smorzare la suspense è sventato da una reazione a catena preparata con attenzione sino alla scena finale.  

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