VENEZIA 71 – Il mondo visionario e folle de La vita oscena. Incontro con Renato De Maria, Isabella Ferrari e il cast

La vita oscena

A distanza di cinque anni da La prima linea, Renato De Maria torna con un’opera tratta dal romanzo omonimo e autobiografico di Aldo Nove. Primo film italiano nella sezione Orizzonti, il film è stato presentato anche dai protagonisti Clement Metayer e Isabella Ferrari, dal produttore associato Riccardo Scamarcio, dal direttore della fotografia Daniele Ciprì e dai produttori Mazzoni e Gianluca De Marchi.

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La vita oscenaA distanza di cinque anni da La prima linea, Renato De Maria torna con un’opera tratta dal romanzo omonimo e autobiografico di Aldo Nove. Primo film italiano nella sezione Orizzonti, il film è stato presentato anche dai protagonisti Clement Metayer e Isabella Ferrari, dal produttore associato Riccardo Scamarcio, dal direttore della fotografia Daniele Ciprì e dai produttori Mazzoni e Gianluca De Marchi.

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Come è nata l’idea di questo film?
Renato De Maria: Il film è nato dalla lettura del libro di Aldo Nove che mi ha colpito per la bellezza della lingua utilizzata e per il coraggio di raccontare una storia in parte autobiografica con verità, crudezza e poesia così alte. Mi ha colpito ed emozionato molto, all’inizio non pensavo ad un film poi parlandone con Aldo più volte siamo arrivati alla conclusione che dovevamo provarci. Come regista mi interessava molto la visionarietà del libro. 
 
Spesso gli scrittori si tengono lontani dalla sceneggiatura dei film tratti dalle loro opere, invece per questo film c’è stato un lavoro stretto tra te e Renato?
Aldo Nove: Io sono un fan di Renato, mi è piaciuto tantissimo Paz! di cui ho amato il genio che gli ha permesso di trasfondere l’esperienza artistica di Pazienza in un film. Quando ho sentito che voleva condividere con me questa scommessa artistica, ero consapevole della anomalia del mio romanzo e se c’era uno in Italia con cui valeva la pena provarci era proprio lui. Da subito è stato forte l’accordo umano e artistico e il nostro obiettivo è stato quello di trasformare l’esperienza intensa che racconto da una resa poetica ad una fatta di immagini, in un immaginario visivo, psichedelico e molto intenso. Questo con la collaborazione di Daniele Ciprì. 
 
 
La vita oscenaIl film si regge sulle spalle del protagonista che è sempre in scena. Hai pensato subito a Clement? Come è nato il vostro rapporto?
Renato De Maria: Volevo un giovane indefinito tra i 16 e i 20 anni, non adulto, con ancora movenze tipiche dell’adolescenza. Ho cercato in Italia, poi sono andata a Parigi per cercare una coproduzione europea che poi non c’è stata ma lì ho incontrato Clement, è scattato subito un feeling: dal punto di vista visivo per le sue movenze eil suo corpo, mi hanno colpito la sua giovinezza e purezza, ha una faccia cinematografica. L’avevo visto in Qualcosa nell’aria di Assayas. Clement ha anche trasmesso un’influenza nella sceneggiatura, per esempio era previsto che lui si spostasse per la città in taxi ma poi mi ha fatto vedere dei video di lui che va in giro in skate con gli amici e allora ho adattato la sceneggiatura visto che è molto bravo. Ciò ha dato leggerezza agli spostamenti visionari.
 
Tu interpreti una madre solare e gioiosa nonostante la malattia e il dolore che sta per lasciare al figlio. Ma sei anche produttrice. Cosa ti ha colpito del progetto?
Isabella Ferrari: Questo romanzo girava in casa con l’idea di farne un film, sentivo che c’erano difficoltà, l’ho letto per curiosità e mi ha commosso. Ho detto a Renato “non lo farai mai ma se dovessi farlo voglio fare la madre”. Abbiamo raccolto tanti no fino a De Marchi e Mazzoni che sono entrati con coraggio nel progetto. Il mio ruolo poi mi è venuto incontro, non ho avuto difficoltà ad interpretarlo, non c’è stata una perticolare costruzione perché ho provato la gioia di interpretare la madre che tutti vorremmo, che vorrei essere, che non infligge il senso di colpa ai figli, che è solare.. la grande madre idealizzata nei sogni di questo ragazzo. Poi pian piano sono diventata madre del film come produttrice, ho riversato le mie passioni. È stata un’esperienza importante che non so se si ripeterà. 
 

La vita oscenaAnche tu sei produttore associato. Cosa ti è piaciuto del progetto?
Riccardo Scamarcio: Quando ho visto il film volevo starci da subito ma ero molto preso da Miele, è molto complicato star dietro a un film. Poi l’ho visto e mi ha folgorato, era un montaggio provvisorio, era grezzo e senza effetti ma ho capito che davvero questo film coglieva davvero in modo precisa una discrasia tra la vita e l’individualità, ciò che ci circonda e ci accade. C’è la violenza di perdere i genitori in tempo breve ma anche la forza di esistere e di andare avanti. Per effetto paradossale il cinema spesso affronta tematiche dolorose, come in questo caso, ma l’effetto è di sollievo, piacere. Vivere il suo dolore mi ha scaldato il cuore, e in alcune cose mi sono riconosciuto. 
 

Il film vive molto della fotografia e delle immagini visionarie. Per te che sei un regista e anche direttore della fotografia, com’è stato entrare in rapporto con un altro autore?
Daniele Ciprì: Sono onorato di essere qui a Venezia a rappresentare il film, è strano per un direttore della fotografia. La risposta alla domanda è che io capisco di più lo stato d’animo di un regista. E’ un film fatto con grande passione da tutti quelli che ci hanno lavorato. Quando Renato mi invitò alla proiezione ho fatto i complimenti ai produttori più che a lui, sentivo una forza nel restituire in modo visionario quel tipo di mondo e follia. 
 
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