VENEZIA 71 – Loin des hommes, di David Oelhoffen (Concorso)

loin des hommes

Una lenta e ipnotica ballata. Con lo sfondo delle musiche di Nick Cave che trasformano il racconto di Albert Camus da cui il film è tratto (L'ospite, inserito nella raccolta L'esilio e il regno)  quasi in un western polveroso. Un cinema aspro, anche fin troppo asciutto quello del regista francese, qui al suo secondo film, ma che poi si scioglie come gli occhi duri ma carichi di 'storia personale' di Viggo Mortensen.

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loin des hommesUna lenta e ipnotica ballata. Con lo sfondo delle musiche di Nick Cave (e Warren Ellis) che trasformano il racconto di Albert Camus da cui il film è tratto (L'ospite, inserito nella raccolta L'esilio e il regno)  quasi in un western polveroso.

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Due personaggi nel deserto nell'Algeria del 1954. Un insegnante solitario, Daru (interpretato da Viggo Mortensen), deve scortare Mohamed, un dissidente accusato di omicidio e inseguito dalle autorità. I due non hanno niente in comune. Ma poi entrambi decidono di ribellarsi e combattere per la loro libertà.

Viggo Mortensen incrocia ancora Nick Cave. E le atmosfere sembrano richiamare il cinema di John Hillcoat, da The Proposition a The Road, proprio per il modo in cui i personaggi sembrano attraversare il nulla, con le insidie sempre nascoste sullo sfondo. Ma non solo. C'è in comune anche una composizione quasi pittorica dell'inquadratura, con i riflessi del fuoco sul volto sullo sfondo buio. E si avverte anche la presenza di un paesaggio arido e sterminato, segnato dalla presenza della roccia, del'lacqua. Un cinema degli elementi dove i due protagonisti sembrano fondersi e quasi sfuggono a una scelta che risulta determinante per il loro destino.

Un cinema aspro, anche fin troppo asciutto quello di David Oelhoffen, che con Loin des hommes realizza il suo secondo lungometraggio a otto anni di distanza di Nos retrouvalles del 2006. E inizialmente il suo film appare anche fin troppo impermeabile, chiuso all'esterno. La stessa sparatoria appare astratta come un campo lungo con i due protagonisti che camminano. Poi questo cinema impone il suo tempo, ne detta il ritmo tra immagini assolate e la presenza della pioggia. I gesti diventano immersi in questa perpetua rarefazione. L'atto viene come scarnificato. Un cappello che viene tolto dalla testa di Radu o le armi sottratte. Dove però ad un certo punto ritorna la vita come nel racconto trattenuto di Daru sulla moglie scomparsa o nella scena in cui Mohamed viene portato da una prostituta.

Si sente il passato in Radu, negli occhi di Viggo Mortensen che recita in francese. Una classe con degli alunni da cui sembra partire una lezione e che invece diventa una lettura insolita di Camus. Che, dietro il suo rigore, conduce Radu e Mohamed verso il sole. Senza trascinarli ma accompagnandoli. Proprio come una ballata di cui all'inizio si fanno fatica a trovare i passi e con cui poi ci si scioglie.

 

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