VENEZIA 71 – Messi, di Alex de la Iglesia (Giornate degli autori)

Alex de la Iglesia torna a Venezia con l’ambizioso tentativo di raccontare l’epica parabola di un nuovo freak d’eccezione: Lionel Andrés Messi.Calcando tutto il pathos sulla sua infanzia difficile (la nota storia delle cure ormonali) e lasciando briglia sciolta a lodi sperticate e a paragoni spropositati, il regista perde l'occasione di analizzare il personaggio Messi e confenziona un'irritante e pesante agiografia.

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Salutati, solo momentaneamente, Santiago Segura, Carlo Areces e tutti gli altri mostri del suo personale circo Barnum, Alex de la Iglesia torna a Venezia con l’ambizioso tentativo di raccontare l’epica parabola di un nuovo freak d’eccezione, la storia di quel Nano argentino diventato un Dio: Lionel Andrés Messi. Invitando alle tavole imbandite di un lussuoso ristorante spagnolo gli amici d’infanzia, le maestre delle elementari, allenatori, compagni di squadra e miti viventi come il sempre meraviglioso Johan Cruijff, il regista spagnolo si allontana dal saggio antropologico del Maradona di Kusturica per muoversi piuttosto nell’agiografia sportiva tanto cara anche al giornalismo nostrano (si pensi a Federico Buffa o al ritratto di Messi scritto anni fa da Roberto Saviano).

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Calcando tutto il pathos sulla sua infanzia difficile (la nota storia delle cure ormonali) e caricando il tutto con estremi inserti di fiction degni del miglior Marcellino pane e vino, de la Iglesia sembra interessato, più che ad analizzare il personaggio Messi, a redigere un compendio definitivo di tutte le sue lodi. Attraverso questa lente partigiana, la leggenda del campione di Rosario, i suoi successi e i suoi numeri con il pallone, vengono schiacciati dal peso ingombrante delle chiacchiere eccessive e ossessive di tutti i suoi ammiratori, arrivati, alla fine, in una sorta di orgia di esaltazioni senza freno. Persino il tentativo (poco deciso) di toccare temi più stimolanti (il paragone con Maradona) e le ombre della sua storia (i problemi caratteriali, il presunto poco attaccamento alla Nazionale) si perdono presto. Questo gioco diventa addirittura ridicolo nel momento in cui si trova forza un cattivo esemplare (chi altri se non l’arrogante Mourinho e il suo Real Madrid?) da sacrificare all’altare di Messi. In parole povere de la Iglesia, come sempre, tira talmente la corda da spezzarla, arrivando nell’ultima mezzora, a rendere insopportabile il suo eroe. Finito il film, dopo essersi ubriacati di paragoni spericolati e parole spropositate, fa sorridere pensare all’ultima stagione disastrosa del Barcelona e alla terribile finale mondiale giocata dal nostro, eventi tagliati (per ovvie questioni di tempo) dal film che ne hanno irrimediabilmente mostrato la fragilità umana.

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