VENEZIA 71 – Reality, di Quentin Dupieux (Orizzonti)

Reality

Se in Wrong Cops, il regista era riuscito a slegarsi in parte dai suoi film precedenti pur non tradendo il suo inconfondibile stile, in Reality egli si perde di nuovo negli eccessi metacinematografici già proposti in precedenza e che già non destavano nessuna sorpresa e, salvo rare eccezioni, nessuna risata.

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RealitySpecchi e riflessi sono uno dei fondamenti dell’immaginario cinematografico, così come il labile confine tra sogno e veglia, realtà e finzione, fiction e non fiction. Inutile citare gli innumerevoli registi che hanno costruito intere filmografie su uno o più di questi dualismi, così come equivalenti sono i registi che hanno ridicolizzato o sfruttato fino al paradosso questi estremi.

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Quentin Dupieux avvolge il suo ultimo film in un vortice volutamente idiota, ma non abbastanza da funzionare come il ben più riuscito film fratello Wrong Cops, realizzato quasi in contemporanea a questo Reality. È da subito chiaro, forse da prima che il film abbia inizio, che non ha nessuna importanza l’impossibilità a distinguere alcuno di questi confini, perché troppo intento a parodiare e (soprattutto) parodiarsi addosso. Dagli innumerevoli rimandi manifesti alla struttura fatta di schermi e specchi del film (esemplare l’unico brano scelto, Music with changing parts, composto non a caso da Philip Glass e usato volutamente fino allo sfinimento), Dupieux appare più interessato a disseminare il suo film di easter eggs (dagli attori feticcio agli innumerevoli rimandi alle opere precedenti) buone per riempire la sezione trivia della pagina di Wikipedia che non ad arrivare a qualcosa di diverso da quanto già non avesse fatto nel film d’esordio Rubber. Se in Wrong Cops, il regista era riuscito a slegarsi in parte dai suoi film precedenti pur non tradendo il suo inconfondibile stile, in Reality egli si perde di nuovo negli eccessi metacinematografici già proposti in precedenza e che già non destavano nessuna sorpresa e, salvo rare eccezioni, nessuna risata.

 

La palese frontalità con cui Dupieux si ripropone è per forza parte dello sberleffo esteso a cui egli stesso soccombe, ma ciò non basta a renderlo, se non divertente, quanto meno interessante. Reality appare piuttosto un film ideato e pensato solo per i fan più fedeli del musicista e regista francese, già predisposti alla risata per partito preso e non disturbati dall’effettiva inoffensività dello stesso.

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