VENEZIA 71 – The Goob, di Guy Myhill (Giornate degli Autori)

The Goob, Guy Myhill, Giornate degli Autori

Il regista inglese firma il suo esordio con un occhio al primo Malick, nella quasi sordida campagna inglese, un dramma fatto di tensione psicologica nel quale, secondo tradizione, la figura paterna non è protettiva, ma antagonista e brutalmente nemica.

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The Goob, Guy Myhill, Giornate degli AutoriGli ingredienti del cinema inglese della lunga era post-thatcheriana ci sono tutti: una poco meno che sordida campagna inglese, un coprotagonista amorale, violento con pericolose inclinazioni da stupratore, compagno di una donna ancora bella, forse divorziata o comunque già madre di un figlio in giovane età, un poco imbranato e vittima costante del suddetto patrigno che gli invidia un amore giovanile con una bella e volitiva ragazza del luogo. Quindi ogni elemento che serva ricomporre un dramma familiare, tra scorribande nella campagna e appostamenti per soddisfare scomposti appetiti sessuali, esistono tutti.

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Da questo dovrebbe giustamente dedursi che The Goob, film d’esordio di Guy Myhill costituisca l’ennesima copia conforme di tanto cinema inglese che vede connaturata alla propria istintività narrativa una sorta di sguardo benevolo all’età adolescenziale e giovanile, un’amorevole, malinconica capacità di cogliere i sentimenti di quell’età e una rabbia a volte trattenuta nell’esprimere la ribellione, solitamente nei confronti di una archetipica figura con sembianze paterne che ne agita le vite e ne umilia le speranze. La tradizione parte da Dickens, o forse è anche precedente e prosegue con mutevole atteggiarsi arrivando con toni e accenti di una certa originalità fino a questo film. 

Myhill che non riteniamo possa immaginare che la sua storia possa avere i crismi di una assoluta originalità, sa però estrarre da una convenzionalità di ambientazione e di sviluppo della trama alcuni elementi interessanti che possono promettere bene per il futuro. Ispirato dal primo Malick, più che da Truffaut, come segnalano le note che accompagnano il film, è dotato di una sua originale chiave estetica. La macchina da presa si sofferma scruta ed esalta i particolari in chiave drammatica o di attesa, restituendo un senso di generale sgomento e di ineluttabilità del futuro. In questo alternarsi tra una tensione sempre presente che pervade la narrazione e il suo scioglimento si giocano i momenti più felici di questo duello psicologico in cui, come sempre, le apparenze ingannano.

Lo sguardo di Myhill è essenzialmente drammatico e anche il suo dinoccolato suo protagonista, l’introverso e irresoluto Goob, è un personaggio essenzialmente drammatico che comprende i pericoli che corre la madre, ma che, nel contempo, appare soggiogato dalla personalità del violento Womack che lo annichilisce e nei confronti della quale fatica a trovare la chiave giusta per la reazione. In questa semi sconfitta si agitano le acque della storia che se non brilla per originalità lascia una piccola traccia in un percorso che è lungo, viene da lontano e appartiene, geneticamente, ad una nazione nel cui immaginario, per ragioni sulle quali non spetta a noi indagare, la figura paterna non è mai protettiva, anzi al contrario, antagonista e brutalmente nemica.

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