#Venezia72 – Amos Gitai racconta l’omicidio di Rabin

È il giorno dell’impegnato e coraggioso film diretto da Amos Gitai sull’omicidio di Yitzhak Rabin del 1995 e un caloroso applauso ha accompagnato le parole del regista israeliano.

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L’incontro con la stampa inizia con un minuto di silenzio chiesto da Amos Gitai in memoria di una madre palestinese morta pochi giorni fa in seguito ad alcuni scontri con l’esercito israeliano.È il giorno dell’impegnato e coraggioso film sull’omicidio di Yitzhak Rabin del 1995, Rabin the last day,  e un caloroso applauso ha accompagnato le parole del regista israeliano. “Con le tre pallottole che hanno ucciso il nostro leader venti anni fa il destino del Paese è cambiato. Grazie a Rabin c’è stato un momento in cui israeliani e palestinesi erano vicini a una concreta speranza di convivenza e tutto si è improvvisamente dissolto. Tutti noi dobbiamo ritrovare una luce che ci guidi nel futuro perchè al momento la situazione non è buona”.

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Molte le scelte rigorose compiute dal regista di Kippur e Terra promessa, tra cui una quasi totale aderenza ai fatti raccontati e ai documenti che hanno riguardato le indagini sull’omicidio e possibili falle dei servizi segreti, ma Gitai nega ogni riferimento a un’eventuale teoria complottistica: “È un’idea promossa dall’estremismo di destra, ma così facendo si finisce con il negare le forti responsabilità che ebbe l’opinione pubblica. L’assassino fu solo un mezzo, un’arma, una conseguenza di una situazione politica  e culturale che si venne a creare durante quella fase storica”.

Per Gitai Rabin incarnava un tipo di israeliano diretto, umile, anche duro ma capace di parlare con il cuore: “Aveva capito che per Israele era necessario il confronto e la considerazione degli altri e che non poteva esserci uno stato di Israele senza palestinesi.” A chi poi parla di conflitti religiosi e di come la fede possa essere strumentalizzata dagli estremisti di qualsiasi fazione Gitai risponde concentrandosi sulla questione politica: “Israele non nasce come progetto religioso ma politico. La sua nascita in realtà è stato un punto di rottura con la religione e io invito tutti i politici del nostro Paese ad attenersi al progetto politico, riconoscendo gli altri e non ignorandoli”.

 

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