#Venezia72 – Boi neon, di Gabriel Mascaro

Mascaro sperimenta un cinema minimale e riflessivo che vuole raccontare più i caratteri che le storie dei personaggi. Un cinema forse senza sussulti, ma di promettente intensità. In Orizzonti

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La vita di una piccola comunità di organizzatori di rodeo, lungo le vie polverose del Brasile, nord orientale è al centro delle attenzioni del regista con alle spalle una discreta attività documentaristica che con questo film di finzione, ma pienamente dentro le dinamiche della non fiction, sembra portare a nuova forma di espressione.
L’assenza di una vera e propria storia che possa conferire a Boi neon  le piene caratteristiche di della non fiction, con la sua cronaca della quotidianità dei protagonisti, spesso forma tipica della documentaristica di matrice sudamericana, in fondo non nuoce alla visione. La storia va avanti senza troppi sussulti, ma è anche vero che non cede mai alla stanchezza se non in qualche momento e per qualche breve sequenza. È lo stesso regista Gabriel Mascaro autore dello script del film dal quale sembra essere stata asportata ogni possibile ipotesi di sviluppo drammatico, pur prestandosi, la leggerissima trama che si intravede guardando alle vite dei personaggi, ad un intreccio drammatico con sviluppi da melodramma.
Iremar è un bovaro che cura i tori e li prepara per il rodeo, Galega è una ballerina che intrattiene il pubblico prima del rodeo e Cacà è sua figlia, amica di iremar, completa la anomala famiglia Ze maldestro aiutante di Iremar. Questi d’altra parte coltiva segrete speranze imprenditoriali nel campo della moda con le sue creazioni alla meglio inventate tra un rodeo e l’altro. Incontrerà Geise che fa la guardia giurata in un industria tessile e forse si innamorerà di lei.
Il merito del film è quello di riuscire a mantenere sempre alto, comunque, il registro narrativo, servendosi di pochi ingredienti e tra questi, sicuramente la bravura dei suoi interpreti che restituiscono, in questo realismo insistito, la verità di una condizione. L’assenza di sussulti del film, si prende una pausa verso la fine, quando un bella sequenza erotica rompe le regole. Il lungo atto d’amore, che Mascaro gira senza inibizioni, tra Geise incinta e Iremar è da antologia. La lunga e notturna sequenza conferma le capacità del suo autore e nel contempo diventa la classica eccezione rispetto alle regole non scritte di questo suo lavoro. Ma la sequenza conferma anche la sensibilità nel dare rilievo alla fisicità dei suoi personaggi. Geise è incinta e fa l’amore, Galega si depila le parti intime e Iremar non si preoccupa di esibirsi anche nudo al mattino per i suoi bisogni personali. Segni di una fisicità accentuata sulla quale il regista riesce a lavorare con una certa sensibilità e la sequenza dell’atto d’amore notturno ne è la migliore dimostrazione. Mascaro lavoraBoi neon sul filo di un pragmatismo che trasforma abilmente in sottilissimo spettacolo, un cinema essenzialmente minimalista e riflessivo che diventa lievemente avvincente, pur nella dichiarata antispettacolarità della sua costruzione. Il film sembra restare lontano da qualsiasi analisi sociologica, calato com’è dentro questo realismo senza alcuna magia. Prova, con un certo successo, a sperimentare una strada differente per raccontare i caratteri dei personaggi, i loro sogni, quello di Iremar, segnale di una trasformazione più che altro sperata, piuttosto che e non le storie, magari anche le storie, come conseguenze dei caratteri dei protagonisti. Un tipo di cinema storicamente estraneo alla grande tradizione sudamericana e a quella (silente) del Brasile in particolare, oggi più che altro attenta ai fenomeni sociali della vita nelle metropoli. Mascaro con Boi neon, sembra ritirarsi tranquillo, osservare la vita dei suoi personaggi, lavorando su di essa con discrezione e maturità, scegliendo quindi una sua strada di promettente cineasta del futuro.

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