#Venezia72 – La giustizia per Christian Vincent e Fabrice Luchini

Il regista e l’attore francese hanno parlato oggi del loro film, presentato in concorso. E il protagonista ha lanciato qualche stilettata contro l’Italia definendolo un Paese passivo

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Ha invaso e rubato sin da subito la scena a Christian Vincent un debordante Fabrice Luchini – regista e interprete principale di L’hermine – durante l’incontro di questo pomeriggio. Vincent ha spiegato così la propria scelta tematica: “Man mano che faccio dei film mi rendo conto che cerco una cosa: il mio Paese … e la gente che fa il mio Paese … Prima non sapevo nulla di come funziona la giustizia… La Corte d’Assise è un luogo dove tutte le persone si mescolano… cristallizza in se stesso tutte le diversità della società”. Un’opera “militante” quella di Vincent ha aggiunto un Luchini che non ha risparmiato nulla al contesto politico e sociale della Francia del Nord (dove il film è ambientato): “Ora c’è una grande attenzione al Nord della Francia … dove la Repubblica è sparita – ha dichiarato – La gente è abbandonata a se stessa, beve molto e vota Fronte Nazionale… il Nord è un angolo della Francia in cui abbonda una grande miseria culturale”.

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christian vincent sul setPoi, ricordando una frase di Jean Cocteau che aveva definito i “francesi” degli “italiani arrabbiati” sembra voler sottolineare, senza dichiararlo, una certa passività del Paese che lo ospita a fronte di un atteggiamento, quello francese, che ha definito “basito”. Ma subito ha dichiarato (o si è ripreso?) di essere felice di essere a Venezia, da figlio di padre italiano nato ad Assisi e solo poi trasferitosi in Francia “a costituire – ancora una bordata – la manovalanza del capitalismo”. Vincent è tornato quindi a parlare del film e della propria scelta di coniugare una storia d’amore e i suoi personaggi per attrarre il pubblico, offrendo al contempo la possibilità di comprendere cosa accada intorno ai personaggi: “mi piace raccontare il vero” ha affermato. E i personaggi non sono solo quelli principali: Vincent ha sottolineato l’importanza dei secondari e la crucialità delle scene che li riguardano ricordando il momento in cui i giurati (chiamati ad esprimersi su un caso di omicidio efferato) formulano la decisione; i personaggi, l’attenzione ai tempi e alla struttura sono elementi tutti funzionali al suo interesse di “filmare il vero”, ha ribadito. Inevitabile a questo punto chiedere quanti ciak occorrano per contenere Fabrice: “pochi ciak … gli do un testo… sa leggere!” ha risposto ironico Vincent. E Luchini ha confermato: “Al cinema ho forse una sola preoccupazione: eseguire, cercare di essere verosimile… l’attore è una pasta, un materiale vuoto” che cerca di “decriptare anche le nevrosi degli Autori… ricreando le sfumature che il regista esige da lui”. Afferma di essere un “ragazzo molto ubbidiente” Luchini a cui piace ricordare una frase di Woody Allen che rispondendo ad un’attrice che gli domandava cosa dovesse pensare nell’interpretare una scena risponde: “pensa a quanto ti pago!”

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