#Venezia73 – Ana Lily Amirpour racconta la favola del deserto di The Bad Batch

La regista e la protagonista del film presentano il film in concorso, un western atipico dalla lavorazione non facile

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È stato presentato oggi in concorso al Festival di Venezia The Bad Batch, film di Ana Lily Amirpour con Suki Waterhouse. La regista e la protagonista del film si sono presentate all’incontro per rispondere alle domande sul loro western atipico. Molti hanno definito il film come una lettera d’amore all’America sotto forma di deserto ma la regista spiega meglio: “E’ una lettera d’amore per qualcosa che c’è in America ma non perché sia un paese perfetto, anzi la maggior parte delle cose non funzionano. Io vedo il mio film più come una favola, una storia d’amore ambientata nel deserto”. Di fatto l’intero film è stato girato nel vuoto completo che la Amirpour si è impegnata a cercare nell’entroterra americano fino a sfruttarne tutte le potenzialità: “Ho trovato queste comunità che vivono quotidianamente nel deserto e le ho usate per i ruoli marginali del film. Lasciavo che parlassero loro, non c’era nessuna regia. Mi piace la purezza di quella zona della California, sono diventata adulta lì e fa parte del mio DNA”.

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the bad batchIn The Bad Batch c’è la totale mancanza di dialoghi, soppressi in favore di grandi paesaggi iconici. Anche la piccola parte riservata a Jim Carrey è priva di parole ma questo sembra non aver spaventato l’attore: “E’ un personaggio importantissimo che salva i protagonisti” spiega la regista “E’ un simbolo di gentilezza per questo non gli servono le parole. Ho chiesto a Jim se avesse voluto fare una cosa del genere e lui ne era entusiasta. L’ho scelto perché ha il classico viso che passa inosservato, se fosse all’angolo di una strada nessuno si volterebbe a guardarlo”.

Invece per quanto riguarda la protagonista Suki Waterhouse l’alchimia è stata immediata: “Appena ho visto il viso di Ana Lily volevo entrare nel suo mondo. Sono felice che abbia scelto proprio me e che mi abbia dato la possibilità di fare questa esperienza. Lei mi ha detto che quello che stavo per fare sarebbe stata la cosa più dolorosa di tutti gli altri lavori precedenti. E ne abbiamo parlato in un ristorante messicano davanti ad un piatto di fagioli davvero piccanti. Mi ha davvero spaventato ma ho capito subito cosa volesse dire per lei questo western”. Infatti la lavorazione del film non è stata facile ed ha trascinato tutto il cast a vivere a pieno l’esperienza del deserto: “Mi ha rubato la vita per un bel po’” ha detto l’attrice “Era come se avessi lasciato il pianeta. Stavo in questo motel nel mondo delle macchine e dei camion, in una camera piena di cimeli americani”.

Il ruolo dell’antieroina solitaria c’era già nel precedente A Girl Walks Home Alone at Night, come anche alcuni gruppi usati nella colonna sonora ma la Amirpour ha semplicemente commentato che questa è lei ed il suo mondo: “Cerco di fare un film che seduca il mio interno. Non lo so spiegare. E’ come se mi mettessi a dire come faccio sesso. Ognuno ha la propria colonna sonora ed io con la mia ci faccio il film. Ce l’ho in testa da molto prima di girare ed il cast la riceve insieme alla sceneggiatura”. E a chi le fa notare che non serve così tanta violenza per descrivere se stessa lei domanda sarcastica: “Vuole eliminare la violenza nei film? Good Luck!”.

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