#Venezia73 – Assalto al cielo, di Francesco Munzi

Tre anni di lavorazione su materiali d’archivio per un excursus di 72’ dal 1967 al 76, che racconta le rivolte studentesche e operaie del nostro periodo più caldo. Fuori concorso.

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Tre anni di preparazione su materiali d’archivio presi da Rai, Istituto Luce, Movimento operaio, per un excursus documentaristico di 72’ dal 1967 al 1976, che racconta i moti rivoluzionari studenteschi e operai del periodo ideologicamente e culturalmente più caldo del secondo novecento italiano. Un’opera ambiziosa e al tempo stesso piccola e controllata a cui Munzi – reduce dall’exploit autoriale e nazionale di Anime nere – aggiunge una struttura drammaturgica in tre parti, come fossero tre movimenti musicali a simboleggiare l’ascesa e la caduta delle ideologie e dei movimenti di piazza.  Si inizia con il Little Tony di Cuore matto ad accompagnare le prime manifestazioni romane e milanesi di una generazione figlia della borghesia che sta per diventare altro, un punto di partenza culturale e musicale a cui presto vengono sostituiti i megafoni di piazza e i dibattiti nelle aule di studio e in quelle dei sindacati.

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Le scelte espressive sono precise: via ogni possibile intervista ai leader del decennio e via qualsiasi uso della voce fuori campo come commento alle immagini, sposando l’idea di essere dentro un film in presa diretta. Sarà per questo che di Assalto al cielo rimangono impresse soprattutto le voci, quelle perfettamente colte degli studenti universitari e quelle sporche e dialettali della classe operaia, con l’incontro-scontro tra questi due mondi come punto cruciale di un grande sogno andato in fumo. Poi arrivano le bombe di piazza Fontana e Bologna, gli agguati assassini tra fascisti e comunisti, le brigate rosse, gli hippie e il punto di svolta (o di non ritorno?) del Festival Re Nudo al Parco Lambro di Milano datato 1976, dove la rivoluzione sociale lascia già spazio all’utopia di una libertà individualista e all’abisso delle droghe che avrebbe aperto insieme agli anni di piombo una terribile stagione di altre anime nere.  Il regista italiano e il montatore Giuseppe Trepiccione adottano soluzioni per certi versi rigorose, ma inevitabilmente parziali. Per questo Assalto al cielo lascia la strana sensazione di un lavoro solido, formalmente perfetto, eppure allo stesso tempo curiosamente incompleto. Può darsi che il tutto rientri nella giusta metrica di un lavoro che Munzi non vuol mai far deflagrare fino in fondo. Forse Assalto al cielo per completare il quadro storico e culturale andrebbe visto insieme a un altro documentario italiano di questa stagione, quel Porno & Libertà con cui Carmine Amoroso racconta la nascita del porno sulle ceneri del ’68 ma pienamente dentro il fermento politico e artistico underground del 1977 tra cinema sperimentale, musica e fumetto. Un day after sommerso davanti al quale Assalto al cielo decide di fermarsi, forse perché principalmente preoccupato di riassemblare le tracce di una (im)possibile storia ufficiale.

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