#Venezia73 – Home, di Fien Troch

Il dramma adolescenziale in versione smartphone della Troch si incastra a pennello nel panorama europeo del racconto visivo contemporaneo senza indulgere a facilonerie. In Orizzonti

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La sezione Orizzonti di Venezia 2016 accoglie la quarta opera della regista belga Fien Troch, che già nel titolo, Home, ha scelto di operare sul nervo della famiglia come estensione della casa. La Troch ci accompagna mano nella mano in una scuola e una cittadina imprecisati per raggiungere le vicende di quattro ragazzi e i rispettivi cari.

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Cosa c’è che non va? Voglio solo andare a casa“, ripete il personaggio di Lina,Lena Suijkerbuijk, il ruolo in apparenza meno invasivo e partecipe della pellicola. Lina però è la prima che ci viene mostrata, nello studio del preside; avendo contravvenuto al protocollo, fa mostra ritrosa di finto pentimento con un fuoco oculare quasi assassino. Durante la vicenda sembra annoiata, svogliata anche da quell’eros adolescenziale di solito straripante. Forse avverte il dovere di agire, a dispetto del mondo immobile che la circonda. L’energia, l’azione anche repressa dei quattro, defluisce dallo schermo come lava  esplosiva. Le loro mani sono spesso attorcigliate e voraci tra di loro oppure intente a  grattare una  pelle quasi cementificata: il caso del personaggio di Micail Guidotti. Il loro mondo è quello del movimento, della strage pacifista che “al massimo” coduce all’autodistruzione, dello sballo, del twerk, della sbronza, della scommessa, della marijuana, insomma di quello che puntualmente oggi si sbatte in faccia a chiunque possieda un social. La regista, consapevole di ciò, non ci risparmia un montaggio intervallato da riprese in  formato e risoluzione smartphone. In un primo momento, perlomeno da come ingrana inizialmente, ci si aspetterebbe una sequela di aberrazioni insensate stile snapchat, ma la Troch trova una chiave inedita. La Troch si è immersa come una spugna nella stessa immagine dello smartphone.

La camera della cineasta belga è attenta ai rapporti, quelli interpersonali, attenta a non mancare dettagli e particolari di quei personaggi. Noi spettatori siamo infilzati da colpi di panoramiche a schiaffo, che registrano un unione familiare e quindi genitoriale quasi smembrata. “Non c’è comunicazione, mi sembra di parlare con una parete“: questa la dichiarazione della madre di Guidotti, grandissima Els Deceukelier.
Quei ragazzi nati nel web 2.0, di cui ovviamente possono anche essere vittime come ci dimostra astutamente la Troch, sono in una misura non idealizzata quelli davvero bisognosi di concretizzare una comunicazione  consapevole e cosciente e…(indovinate?) non vengono aiutati. Forse non sono ritenuti in grado di interagire come umani solo perché già da neonati sono dinnanzi ad un tablet e non alla tv.

Gli adulti di Home criticano puntigliosamente, si aggirano per la casa e nel posto di lavoro con una spocchia degna di Trump, vedi la zia dell’ex galeotto Semmy, e invece di spronare, demotivano quasi con brutalità gli sforzi di quei giovani che stanno crescendo nella ribellione ma anche con la convinzione di poter sperimentare altre mille vite.  Non si può parlare di vittoriosi e sconfitti, ma di anime che vagano in cerca di dimensioni, di ancore anche se ricoperte di alghe scivolose. Sammy, quello che in partenza ha almeno dieci metri di svantaggio, incorpora e vitalizza quell’energia potenzialmente catastrofica per costruire quello che l’adulto gli nega. Sarebbe curioso, a seguito di un epilogo probabilmente apprezato da Sofocle, scegliere uno di quei quattro giovani e accompagnarlo come Fien Troch è riuscita a fare.

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