#Venezia73- Spira mirabilis – Incontro con Massimo D’Anolfi e Martina Parenti

I due documentaristi milanesi presentano il primo titolo in gara alla Mostra, prodotto da Rai Cinema e in sala il 22 settembre

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Spira Mirabilis di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi, è il primo titolo italiano in concorso al Lido, appartiene alla coppia milanese . Targato Rai Cinema e girato in diverse parti del mondo, la quarta fatica di due registi uscirà nelle sale italiane il 22 settembre. La produttrice Rai Cinema, Paola Malanga, definisce il lavoro dei due come “cinema che cura e che ci regala un tempo che abbiamo perduto“. Si sente fiera di poter mostrare al pubblico quello che anche lei a malapena riesce a definire, limitandosi alla locuzione di “prodotto di ricerca“.

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Il film è negli occhi di chi guarda” è la dichiarazione quasi sacrale della Parenti. “Venezia è un festival che lascia spazio al vario, a quello che non si può comunemente definire mainstream“. D’Anolfi la incalza, infatti, deponendo a favore di un pubblico che non deve essere schiavo di una disponibilità in sala limitata e che possa anche godere di un prodotto come questo che viaggia in direzioni inusuali.

spira mirabilisIl progetto è iniziato a seguito di un articolo scovato sul New York Times circa S. Kubota, un ricercatore che, come vediamo nel film, dedica la sua vita alla Turritopsis Nutricola (la medusa immortale). L’intenzione della coppia  era eliminare qualsiasi conflitto. “Iniziamo un film da dove è terminato l’ultimo“. In Materia oscura, infatti, dilagava un’idiosincrasia verso l’istituzione, qui hanno voluto manifestare la parte migliore dell’uomo, “una minoranza consistente che può cambiare le cose” a detta dello stesso regista.

Il lavoro, partendo dai concetti di rinascita, resistenza, in quello che Kubota vive attraverso l’acqua, si declina anche negli altri elementi naturali, il fuoco simbolico della comunità nativo americana, l’aria dell’hang costruito da S. Shorer e F. Rohner, che hanno rapito i registi per le strade di Berna, la terra dellla cava e il cimitero delle statue del Duomo che aiutano a far nascere qualcosa di nuovo. Infine l’etere incarnato da Marina Vlady che legge un passo di Borges sull’immortalità, mentre l’immagine di un cinema vuoto accompagna le sue parole.

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