#Venezia74 – Jim & Andy: the Great Beyond, di Chris Smith

Un documentario che racconta la simbiosi, nella realtà e nella finzione, nel pubblico e nel privato, avvenuta tra Jim Carrey e Andy Kaufman durante le riprese di Man on the Moon.

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Non credo che nessun critico abbia mai affrontato direttamente la questione eppure per i fan di Jim Carrey c’è stato indubbiamente un prima e un dopo Man on the Moon. Il biopic che Milos Forman dedicò nel 1999 al comico Andy Kaufman (1949-1984) rappresenta forse lo zenit interpretativo per il protagonista di Ace Ventura. Di fatto Man on the Moon forma con il precedente The Truman Show e il successivo Eternal Sunshine of the Spothless Mind una sorta di trilogia drammatica d’autore, da cui il “comico” Carrey ancora oggi non sembra più essersi liberato del tutto. “Oggi mi piace vivere nell’ombra” confida a un certo punto in questo documentario che ha un titolo che sembra già una provocazione di Carrey/Kaufman Jim & Andy: the Great Beyond – the story of Jim Carrey & Andy Kaufman with a very special, contractually obligated mention of Tony Clifton e che racconta l’immedesimazione compiuta quasi vent’anni fa nei panni del comico newyorkese. Alla base ci sono decine di registrazioni inedite su provini e backstage della lavorazione in cui appare chiaro come Jim ed Andy fossero tutt’uno in una pratica performativa quasi stanislavskiana, molto più teatrale che cinematografica. Vediamo già dal primo giorno di riprese Jim pretendere da Forman di essere chiamato Andy, spiazzare e sfiancare il regista e il produttore esecutivo Danny De Vito parlando di Jim Carrey in terza persona. Carrey divenne Kaufman anche nel dietro le quinte, interfacciandosi con i famigliari del comico come fosse suo figlio, replicando le gag del personaggio, spesso estenuanti e finalizzate di solito a scioccare il pubblico più che a intrattenerlo. Le tante identità di Kaufman, compresa quella famosissima di Tony Clifton, diventarono così gli altrettanti volti di Jim. “Ho sospettato che Andy e io recitassimo insieme. Mi sono chiesto chi interpretasse me”. Senza nulla togliere a Forman, appare chiaro a distanza di anni come Carrey di Man on the Moon sia stato una specie di coregista. Un progetto personalissimo e ossessivo attraverso il quale non intendeva riflettere semplicemente sulla comicità, quanto sulla (mancanza di) identità della performance, sullo svuotamento di sè. Un’identificazione che nei ricordi dell’attore assume qua e là persino valenze spirituali, quasi una predestinazione avvalorata dalla coincidenza anagrafica che vede Kaufman e Carrey nati entrambi il 17 gennaio. “Mi sarebbe piaciuto essere nel video dei R.E.M., so che loro avrebbero voluto ma io alla fine delle riprese non volevo più essere Andy” ricorda Jim, che negli anni duemila sarebbe comunque tornato sugli schermi con altri successi come Una settimana da dio, il cult movie di Gondry, Yes Man. Parliamo però già di un secondo Carrey, dalla tragicità rafforzata e dalla verve rallentata. Come fosse un volto e un corpo diverso. E se Andy Kaufman non avesse mai davvero “liberato” Jim Carrey?

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