#Venezia74 – Mon amour, mon ami, di Adriano Valerio

Una bella conferma dal regista del folgorante Banat. Il viaggio, con un realismo che si sposta verso una dimensione sognante grazie anche alla fotografia di Diego Suarez Llanos. Concorso corti

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Alla ricerca della luce. Il cinema di Adriano Valerio, dopo l’ottimo corto 37°4 S e il folgorante esordio nel lungometraggio di Banat. Il viaggio, continua a evidenziare l’impatto dei luoghi sul suo sguardo. Come delle istantanee fotografiche che hanno dietro tutto un mondo che scorre. Frammenti di vita che scorrono nelle parole, oppure in una voce-off che crea quasi un flusso di coscienza ininterrotto.

Lui è Fouad, un marocchino venuto in Italia per curarsi. Lei è Daniela, un’ex-alcolista pugliese. Si sono conosciuti a Gubbio. L’uomo è alla ricerca di un permesso di soggiorno per poter avere le cure mediche ma non può ottenerlo per un precedente penale. L’unica soluzione è quella di sposare Daniela.

Mon amour, mon ami, che prende il titolo dalla canzone di Marie Lafôret presente nei titoli di coda, è il prototipo di un documentario di esemplare essenzialità, che fa parlare Fouad e Daniela nelle interviste ma li inserisce istintivamente nell’economia del racconto e li rivela progressivamente. Dai piani sulla donna, dove dietro sembra prendere forma tutta la sua storia, ai movimenti che seguono Fouad di spalle, Mon amour, mon ami, sembra eliminare il concetto temporale. Un corto così denso che può avere anche materiale per un lungometraggio, in un cinema che conferma di avere un’idea ben precisa alla ricerca di un’integrazione, una simbiosi tra i corpi e il paesaggio. E le luci – la fotografia è di Diego Suarez Llanos, abituale collaboratore di Roberto Minervini – rivestono un’importanza fondamentale. Dove ogni inquadratura è studiata attentamente, soprattutto nel modo in cui può mutare. E i ‘paesaggi nella nebbia’ e soprattutto le luci sugli alberi, portano – come nei suoi lavori precedenti – il realismo verso una dimensione sognante.

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