#Venezia75 – Isis Tomorrow. The Lost Souls of Mosul, di Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi

Il documentario di Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi presentato al 75° Festival di Venezia fuori concorso racconta delle vittime della guerra nella città di Mosul, in Iraq

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Isis Tomorrow è ambientato tra le lost souls di Mosul in Iraq, durante le fasi della battaglia che ha portato l’esercito iracheno a riconquistare la città finita nelle mani dell’Isis, un’operazione durata un anno e mezzo, durante il quale Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi hanno effettuato dieci viaggi nel paese per filmare un documentario che diventa immediatamente materiale storico. Con lo scopo di raccontare le vittime di guerra senza adesioni di principio ad una delle parti chiamate in causa, ed una coerenza oggettiva tipica del lavoro del reporter, il film, utilizzando delle interviste principalmente a donne e bambine legate alla milizia islamica, alternate alle immagini dei posti ridotti in macerie dalla guerra, costruisce un quadro d’insieme mortificante su un conflitto che ormai da tempo si è trasformato in una guerra civile. Certo, anche evitando di prendere posizione si individuano immediatamente vincitori e sconfitti, chi impegnato a consumare la vendetta, chi impegnato a covarla in silenziosa sopportazione del presente, così come altrettanto chiari sono i ruoli che hanno assunto nei nuovi equilibri del dopoguerra, con la fazione sciita arrivata al potere che lo gestisce con le angherie tipiche del regime e la parte sbagliata della popolazione condannata più di ogni altra a subirne i soprusi come ritorsione, in un infinita inversione delle parti che ciclicamente investe di potere una delle due, in un altro macabro turno di gioco.

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Se le immagini dei palazzi sventrati dalle bombe introducono l’atmosfera tetra di un posto dominato dalla morte e dalla distruzione, con un uso della fotografia che in alcuni momenti di grande suggestione ne suggerisce perfettamente l’angoscia che lo pervade, un vero e proprio nodo in gola arriva ascoltando le parole delle vittime, percepire nei loro sguardi la disperazione di essere considerate qualcosa di molto vicino allo zero, le lacrime delle madri costrette ad elemosinare per sfamare dei figli che sono nati dentro la guerra, dentro famiglie monche degli uomini sterminati e che portano loro stessi i segni della tragedia. Di quei bambini è rimasta solo un età anagrafica ed il cuore ha lasciato il posto ad un agghiacciante determinazione a diventare dei martiri della causa del califfo che, nonostante le perdite territoriali, resta ideologicamente attiva, latente, dentro campi profughi disumani. Luoghi deputati, insieme alle case fatiscenti, ad un reclutamento dal basso, che lascia intendere un ruolo solo apparentamente nuovo anche per le stesse vedove dell’Isis, in cui quei precetti si sono radicalizzati, idee malsane che in assenza di futuro prendono le sembianze di un’alternativa di rivincita, che penetra facilmente chi è sprovvisto di altra formazione.

Queste anime perdute del titolo sono anche tra coloro che esultano della vittoria e dichiarano, abituati a vivere in un orgia di sangue, che di questi figli dell’errore jihadista bisogna sbarazzarsi, senza avere nessun sussulto di orrore per sé stessi e per quello che sono diventati, ciechi di rancore, schiavi di uno sciocco pensiero dominante, con l’aggravante di contribuire direttamente alla discesa verso l’inferno, persi ed inconsapevoli come quei bambini di cui hanno tradito la fiducia e cancellato i sogni, incapaci di cercare un’espiazione innanzitutto egocentrica. Se guardato con attezione Isis Tomorrow permette di guardare oltre la propaganda con un’azione di verità su una guerra piena di nefaste conseguenze, di sviluppare il necessario rigetto per la violenza ed un minimo di umana, indignazione per un problema che la comunità internazionale ha ampiamente contribuito a creare ma dal quale si tiene a debita distanza quando c’è da occuparsi di ricucire le ferite.

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