#Venezia75 – Les Estivants (I villeggianti), di Valeria Bruni Tedeschi

Les Estivants racconta le separazioni e nonostante lo sguardo “leggero” soffre di un eccessivo carico di nevrosi. Emerge così un’idea di esistenza sempre vissuta con troppo cervello e poca pancia.

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Anna (Valeria Bruni Tedeschi) e la figlia Celià (Celìne Bruni Garrel) si recano ogni estate in Costa Azzurra nella bella e ricca villa di famiglia. Quest’anno Luca (Riccardo Scamarcio), compagno di Anna, è assente, perché si è innamorato di una donna più giovane. In villeggiatura Anna dovrebbe lavorare alla sceneggiatura del suo prossimo film, insieme alla collega Nathalie, che da esterna alla famiglia ne osserva con timore le dinamiche nevrotiche: la madre Louisa (Marisa Borini), Elena (Valeria Golino) sorella di Anna con il marito Jean (Pierre Arditi). Intorno al nucleo gravitano altri personaggi, il socio di affari di Jean, i domestici della casa, gli amici di famiglia.

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A dispetto del titolo, Les Estivants, quarto film da regista di Valeria Bruni Tedeschi, non è affatto un film “estivo”: c’è il mare e c’è una piscina ma la bella stagione proprio non si sente. C’è uno spettro che oscura le giornate ed è quello della separazione, tema portante del film. Dominano sulle relazioni il dolore isterico della fine di un amore e l’irreversibilità del lutto causata dalla perdita del fratello Marcello. A spettri si aggiungono altri spettri, quelli dei personaggi di contorno, del nucleo famigliare che trascina con sé irrisolti antichi. La Bruni Tedeschi dirige un film corale carico di nevrosi e isterismi umani, di disagi che vengono a galla insieme a insoddisfazioni inarrestabili nonostante agi e ricchezze. Molti i dettagli che ci fanno pensare ad un film autobiografico: la figlia Celià che nella vita reale è Celine adottata con l’ex compagno Louis Garrel, la collega Nathalie interpretata da Noémie Lvovsky insieme alla quale la Tedeschi ha sceneggiato il film. Ma la regista, più che di autobiografia vera e propria, parla di autobiografia immaginaria, un racconto che raccoglie diversi spezzoni di vita vissuta e li mette insieme rielaborandoli. Per esempio le estati passate in famiglia quando era bambina.

Nonostante lo spettro della separazione con Les Estivants si riesce a sorridere e il corpo “buffo” attorno al quale tutto gira è proprio quello di Anna, abbandonata dal marito con dialoghi grotteschi. La Bruni stringe i denti e spacca i vetri, forte dei suoi nervi tirati al massimo, forse anche troppo. Anna non può fare a meno di raccontare nel suo film il fratello deceduto, è vitale per lei, perché l’arte è uno strumento di liberazione. Ma la liberazione nel caso de Les Estivants non è mai completa e il film soffre il carico di nevrosi che lo appesantisce.  Emerge una visione della vita che suona sempre la stessa musica, un’esistenza che anche se raccontata con occhi “leggeri” a lungo andare può pesare perché nell’osservarla c’è sempre troppo cervello e poca pancia.

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