#Venezia75 – Peterloo. Incontro con Mike Leigh e Maxine Peake

Senza accenno di rivolte, la conferenza si svolge in pace e tranquillità, con un Mike Leigh particolarmente silenzioso e calmo, che ogni tanto alza la voce per raccontare il suo film in Concorso

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Non c’è casino, disturbi, proteste né nemici in vista vista. L’incontro stampa dell’ultimo film di Mike Leigh, Peterloo – sulla rivolta e il massacro storico di Peterloo nell’Inghilterra del 1819 – si svolge in assoluta pace e tranquillità, con un Mike Leigh particolarmente silenzioso, che ancora una volta ha decido di allontanarsi dalle storie intime del presente per fare un’immersione storica, come nel suo precedente Mr.Turner. Accanto all’attrice protagonista, Maxine Peake, il regista risponde alle domande in forma breve e succinta, senza grande parole né spiegazioni, per poi avvertire che ad alcune semplicemente non risponderà.

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Ma la voce si alza e il suo entusiasmo sale quando qualcuno gli chiede della nostalgia, del potere della parola, i “grandi oratori di inizio del 800” e un livello di discorso pubblico che secondo il suo interlocutore, sarebbe sparito con gli anni: “Questo film non c’entra niente con la nostalgia. Non è un film malinconico, nostalgico, che cerca di tornare al passato. E’ sulle persone e le nostre necessità come essere umani.  Poi, il discorso come manifestazione non è per niente morto, ancora le persone sono in grado di fare bei discorsi, ma si articolano in modo diverso grazie ai media, alla tecnologia… non sono d’accordo per niente, non è sparito”, enfatizza, tornando poi alla solita calma.

Anche se la discussione non è particolarmente calda, gira intorno ad alcuni degli argomenti che hanno accesso discussioni storiche e battaglie mondiali: la lotta contro il potere centrale, l’uomo come centro della tensione politica, il popolo che prende la giustizia con le proprie mani. Così, la domanda prende forma: è questo un film sul passato, ma che parla del presente? Leigh la vede così: “Credo sia molto importante riflettere sul ventunesimo secolo. Noi abbiamo cominciato a fare questo film molto tempo fa e ogni giorno ci dicevamo quanto fosse rilevante. Viviamo in un mondo dove ancora ci sono tante domande sulla democrazia, sul potere, ci sono milioni di persone al mondo rifugiati, senza tetto, che hanno perso il loro mondo a causa della repressione politica. C’è tanto su cui riflettere, ma non avrei mai fatto un film che dicesse cosa pensare. Deve lasciare le domande e la voglia di riflettere”.  

“Questo film non poteva essere montato da chiunque, ma solo da un genio“, afferma Leigh, mentre gli brillano gli occhi. La persona a scatenare il suo primo sorriso e Jon Gregor, montatore del film, nominato agli Oscar per Tre manifesti a Ebbing, Missouri: “Grazie per avermi chiesto sulla edizione del film. Purtroppo il nostro montatore non è qua, ma devo dire che lui è stato fondamentale, la sequenza finale è venuta così soltanto grazie alla sua creatività. Un montatore, come uno chef, deve saper prendere il sapore del materiale, e lui l’ho fatto meravigliosamente”. 

Anche se si tratta di un dramma in costume – dove spesso si raccontano grandi storie di re e regine, personaggi storici, nobili e aristocrazia – Leigh si è concentrato sul punto di vista del 99% di umanità che di solito viene dimenticato. “Ma perché crede lei che per alcuni sia più attraente mostrare la vita del cosiddetto 1%?”, chiede qualcuno? “Mi pare abbastanza ovvio risponde – perché l’uno per cento è più attraente, pieno di eccessi, belli ma cattivi, a loro piace fare naughty things e farle vedere a tutti, hanno una vita bella e le persone vogliono quello anche per loro”. 

L’attrice Maxine Peake per parlare della sua esperienza, sottolinea quanto sia stata esaustiva la costruzione del personaggio: “è stata un’esperienza molto bella e anche difficile, leggere, informarsi, capire poi come parlavano le persone in quella epoca, che parole usavano, ecc. Una ricerca infinita. Io sono stata attratta dal progetto sin dall’inizio, infatti ho contattato Mike per chiedere se potevo esserci nel film!”. “E ho detto di sì”, chiarifica Leigh. Poi, ci saluta lasciando un’ultima riflessione: “la cosa più importante è saper creare un mondo, dei personaggi, i dettagli, investigare altri mondi, ma soprattutto credere nel nostro lavoro e in noi stessi”. 

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