#Venezia75 – Un peuple et son roi, di Pierre Schoeller

Un cinema corretto ma senza invenzioni dove anche le prove di gran parte degli interpreti risentono eccessivamente di un’impostazione teatrale. Fuori Concorso

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“Il giovedì santo il Re lavava i piedi ai bambini poveri”. L’unico frammento di contatto tra il Re e la gente comune prima dello scontro. Dal 1789, Presa della Bastiglia alla condanna alla ghigliottina di Re Luigi XVI il 21 gennaio del 1793 Un peuple et son roi segue le fasi che hanno portato il popolo a ribellarsi, reclamare l’uguaglianza e creare un nuovo sistema politico. I meccanismi di potere, dopo il Ministro dei trasporti e il capo di gabinetto di Il ministro – L’esercizio dello stato, si ripresentano nl cinema di Schoeller. Attraverso un affresco storico che segue le fasi culminanti della Rivoluzione francese. Un cinema spesso da camera, soprattutto nelle assemblee, capace di filmare con efficacia la parola ma che resta comunque dipendente da personaggi che devono indossare la maschera di figure storiche celebri, accentuate soprattutto da Louis Garrel nei panni di Robespierre e Denis Lavant in quelli di Marat. Più vivo invece nei ritratti delle figure del popolo, come la lavandaia interpretata da Adèle Haenel o Basile da Gaspard Ulliel.

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Schoeller segue un punto di vista ben preciso, che è quello della presa di coscienza delle classi più povere. Segue e oltrepassa i loro drammi privati, concepisce alcune immagini con i clori e le prospettive dei dipinti come nel caso di Basile che sta per essere ghigliottinato per furto. E ha improvvisamente un impeto in un’inquadratura dall’alto di Parigi con le immagini del popolo che avanza di notte nelle strade con striscie di luci in un movimento collettivo.

Però il cinema del regista francese, tranne qualche eccezione, non riesce a fuggire a una struttura pedagogica e didascalica che già aveva segnato il film precedente. E ha perso quell’immediatezza nel descrivere la nascita e lo sviluppo nei rapporti tra i personaggi come nel caso dell’uomo che vive lontano da tutto e il ragazzino abbandonato dalla madre in Versailles. Dove anche le prove di gran parte degli interpreti risentono eccessivamente di un’impostazione teatrale. Un cinema storico corretto, ma senza invenzioni.

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