#Venezia76 – Aspettando l’utopia ecologica di The great green wall

Nella selezione delle Notti Veneziane, il documentario di Jared P. Scott segue il viaggio della musicista maliana Inna Modja per dirci che forse il Pianeta non è condannato alla distruzione climatica

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Nell’estate in cui l’Italia è stata spazzata a Nord dai temporali e a Sud oppressa dal caldo africano, anche nelle istituzioni di più alto grado gli strilli d’allarme sul cambiamento climatico in atto hanno raggiunto inusitate ed inquietanti sonorità. Probabilmente anche a Venezia, durante la Mostra del Cinema, avremo occasione di sperimentarne gli esiziali effetti che mai come quest’anno hanno dato a tutte le latitudini plastica prova della loro perniciosa virulenza. Ma il Lido in quelle giornate sarà occasione, speriamo, di continuare a coltivare un certo tipo di utopia ecologica attraverso la visione del documentario di Jared P. Scott, The great green wall, ospitato nelle Notti Veneziane. Produttore esecutivo dell’opera è Fernando Meirelles.
Il documentario vedrà la presenza dalla straordinaria musicista maliana Inna Modja che attraverso un viaggio fisico e musicale ci porterà nei luoghi che saranno toccati dall’attuazione di uno dei più bei sogni ad occhi aperti che l’umanità riesce ancora a fare. Due note sul progetto possiamo darle già adesso: nel 2007 l’Unione Africana diede il via all’ambizioso “The Great Green Wall”, ovvero la costruzione di una vera e propria grande muraglia verde, che dovrebbe sorgere nella regione del Sahel e che, una volta terminata, si estenderà per ben 8.000 chilometri di lunghezza e 15 di larghezza.

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Impiantare gli alberi nel deserto facendoli passare per ben 11 Stati incuranti delle differenze geopolitiche che intercorrono tra ognuno di essi è una sfida che innegabilmente presenta evidenti difficoltà. Gli sponsor e il denaro messi a disposizione hanno però un peso ben specifico: la Great Green Wall for the Sahara and Sahel Initiative è finanziata con 8 miliardi di dollari dalla Banca Mondiale e dalle Nazioni Unite, con l’appoggio dell’Unione Africana, dell’Unione Europea, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ed infine un sostegno finanziario è arrivato anche dalla COP21 che si è tenuta a Parigi nel 2015.
Proprio le contraddizioni esplicatesi all’interno di quest’ultima organizzazione fanno temere per la riuscita del “great green wall”. Come si ricorderà i vari Paesi in quella occasione si sono impegnati giuridicamente a mantenere l’innalzamento della temperatura terrestre non al di sopra di 1,5 gradi centigradi entro la fine del secolo pur dovendo rispondere del mancato accordo con gli USA, attualmente i maggiori inquinatori del Pianeta, e senza prevedere sanzioni per chi non dovesse ottemperare a questi obblighi.
L’Africa ha però mostrato in tante occasioni di avere un cuore aperto, come la sua musica, alla sensibilità. Crediamo allora che il documentario di Jared P. Scott attraverso un racconto giocoso e pieno di note saprà rendere conto anche a noi occidentali di questa esigenza ecologica oramai imprescindibile che rischia di aggiungere ai migranti economici quelli climatici.


trailer via Cineuropa

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