#Venezia76 – Citizen K. Incontro con Alex Gibney e Mikhail Khodorkovsky

Alex Gibney e Mikhail Khodorkovsky incontrano la stampa alla Mostra del Cinema di Venezia per Citizen K. un lavoro che ripercorre l’ultimo trentennio di storia russa attraverso uno dei protagonisti.

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La presenza in conferenza stampa di Mikhail Khodorkovsky per la presentazione di Citizen K. di Alex Gibney è un evento speciale. L’ex oligarca sovietico adesso vive a Londra, in esilio forzato dopo 13 anni di carcere in Siberia. Attraverso le sue vicende personali  Gibney ha ripercorso l’ultimo trentennio della storia russa, di cui può essere considerato a pieno titolo uno dei protagonisti principali. Un momento cruciale del paese alle prese con dei cambiamenti epocali, prima con il passaggio ad un’economia capitalista ed al  permissivismo caotico, quindi, con l’avvento di Putin, ad un dispotismo di natura autoritaria che si serve di un controllo capillare dei canali di informazione.

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Gibney comincia raccontando della nascita del progetto e delle difficoltà a portarlo a compimento :”Quando mi hanno presentato Mikhail abbiamo conversato 2 ore, la sua storia mi sembrava straordinaria perchè permetteva di analizzare il potere in Russia. Abbiamo fatto delle interviste lunghissime, prima e dopo che io partissi per visitare il paese. Una volta sul posto abbiamo cercato di non farci notare, ed effettivamente abbiamo fatto delle riprese senza aver i relativi permessi. Di certo non abbiamo avuto collaborazione, chiedemmo in effetti di intervistare Putin, cosa che ovviamente non ci fu concessa. Mikhail è stato sempre molto paziente. Conoscerlo è stato bello e le lunghe sedute sostenute mi hanno permesso di penetrare le sue riserve, come d’altronde era necessario. Con il team di produzione era difficile condensare un periodo così straordinario, avevavo un cut di 6 ore da ridurre a due, ci siamo riusciti solo grazie alle lente rappresentata dallo stesso Mikhail, che ci ha permesso di zoomare sui punti più importanti.”

Khodorkovsky è un figura che in Russia vive ormai soltanto come un avatar, vista l’impossibilità di farvi ritorno a causa di un’accusa di omicidio, l’ennesimo caso costruito da un regime del quale pure una volta era stato un sodale, uno dei sette oligarchi che possedevano metà dell’intera ricchezza russa, proprietario tra le altre cose della Yukos, la principale compagnia petrolifera passata con Putin sotto le insegne della Rosfnet che ruota in orbita presidenziale. “All’inizio delle riprese ero nel panico, non amo parlare molto. Certo sono stato sempre abituato a parlare con i miei colleghi in ambito lavorativo. Di Alex mi sono accorto che è una persona disposta ad ascoltare, non è interessato a fare delle ideologie, piuttosto gli sta a cuore  riportare una immagine quanto più possibile dettagliata. Capisco che ci siano delle semplificazioni necessarie per il pubblico occidentale, ma la Russia è riconoscibile. Quanto a me non lo so se il ritratto è fedele, dovreste chiedere a qualcuno che mi conosce.” Il film raccoglie fatti e circostanze del passato per ricostruire la situazione presente, che nello specifico del protagonista è l’avere recuperato la libertà dopo anni di detenzione, un tempo ed una situazione sufficienti per sviluppare sul concetto stesso di libertà un pensiero pertinente, garantito dall’averne assaporato la mancanza ed il vivere quotidiano in una condizione di persecuzione. Continua Mikhail “Per me la libertà è quando posso decidere di parlare con chi ho voglia, ed evitare chi non mi piace, è dire quello che ritengo giusto, senza preoccuparmi che qualcuno del governo voglia punirmi. Io ho deciso tempo fa di essere libero. La Russia attuale è non soltanto uno stato autoritario, è stata presa dalla mafia (malavita), ci sono scandali nella raccolta rifiuti, c’è la corruzione politica. Noi che siamo persona indesiderate siamo diventate prudenti nei rapporti con il Cremlino, anche il vostro Primo Ministro Salvini (in realtà vicepremier) aveva rapporti stretti con il Cremlino, ed avete visto come è finita…” 

Citizen K. nasce da una curiosità del regista, diventata più acuta dopo le elezioni del 2016 che hanno portato all’elezione di Trump, con voci insistenti e fondate di un interessamento diretto della Russia nella campagna elettorale americana. Un interesse verso il paese nato dalla disintegrazione dell’Unione Sovietica che Gibney crede, a ragione, debba riguardare, vista l’enorme importanza, l’intero pianeta, e la cui gestione del potere ha delle ricadute ben oltre i confini geografici. “é importante che i cittadini facciano quello che possono per afferrare il potere, e noi nel film suggeriamo dei modi, e quando invece si verificano degli abusi. Il ruolo dei media ad inizio degli anni novanta era conseguenza di un caos economico e c’era molta libertà. Putin ha cominciato a controllare i media ufficiali dopo il ’96, è un mezzo efficace per esercitare il potere, come lo è la Fox per Trump. Putin ha anche circa 30 milioni di follower.” 

Per finire Khodorkovsky fa il punto sulla situazione attuale del suo paese che ha subito negli ultimi anni una limitazione importante sui diritti e la possibilità di far sentire il dissenso verso l’autorità: “Io ero un prigioniero politico e si è scritto molto di me. All’epoca non erano molti i prigionieri politici, negli ultimi anni c’è stata una crescita esponenziale, gente che finisce i prigione soltanto per le proprie idee, per aver manifestato in piazza. Oggi la democrazia è l’elemento per cui lottare e per cui paghiamo molto, ma bisogna farlo per frenare la repressione del regime verso gli individui. Anche tenere alta l’attenzione mondiale su queste carcerazioni, su queste persone detenute ingiustamente, fa in modo di limitare il potere di queste istituzioni”.

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