#Venezia76 – Nuovi spazi

Venezia si muove ancora stabilmente tra la musealizzazione dell’esperienza del Cinema e l’allargamento dei confini nei nuovi ambienti mediali della quotidianità. Il nostro commento alla selezione

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Dopo l’annuncio dei film d’apertura (La vérité di Kore-da) e chiusura (The Burnt Orange Heresy di Capotondi) e le presentazioni di Settimana della Critica e Giornate degli Autori, è arrivato il momento di svelare tutti gli altri assi di #Venezia76.
Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema, snocciola nomi e titoli presentando con soddisfazione una selezione ufficiale “che non trascura nessun continente e che presenta un numero di esordienti superiore a quello dei grandi autori ritornati quest’anno a Venezia”. Ecco il punto: i grandi autori novecenteschi (con il Leone d’oro alla carriera a Pedro Almodòvar a suggellare questa filiazione), i restauri dei capolavori del passato (da Buñuel a Bertolucci, per arrivare sino a Cronenberg) e i documentari su registi scomparsi (da Andrej Tarkovskij a Claudio Caligari), poi gli omaggi a Fellini (per il centenario dalla nascita) e a Kubrick (per il ventennale dalla presentazione di Eyes Wide Shut)… affiancati alle scommesse d’autore (l’esordiente regista australiana Shannon Murphy in concorso), alla nuova serialità complessa strategicamente presentata come “la parte di cinema che oggi si chiama Serie Tv” (le attesissime Zerozerozero di Stefano Sollima e The New Pope di Sorrentino avranno l’anteprima di due puntate a testa), alla sezione Virtual Reality sempre più interattiva e infine a cortometraggi e mediometraggi sempre più presenti. Insomma i Festival del XXI secolo – e Venezia, da qualche anno, ha il merito di mettere in luce chiaramente questa dicotomia – si muovono stabilmente tra la musealizzazione dell’esperienza del Cinema e l’allargamento di quegli stessi confini nei nuovi ambienti mediali della nostra quotidianità. Ecco perché l’omaggio al restauro di Good Bye Dragon Inn, con tanto di perfomance live di Tsai Ming-liang, sembra veramente sintetizzare (come accade spesso per l’immenso cineasta taiwanese) ogni spazio che un festival di cinema può concedersi nel 2019.

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E veniamo alla cronaca, ai film, agli eventi (qui il dettaglio di tutti i titoli, i nomi e le sezioni). Venezia si contrappone a Cannes con un bottino notevolissimo anche quest’anno: mettere insieme autori internazionali come Polanski, Assayas, Soderbergh, Kore-eda, Baumbach, Gray, Guédiguian, Egoyan, Larraìn, Lou Ye, Roy Andersson, ecc… non è certo una cosa da poco. Con la bella scommessa di presentare in concorso un film ultra-popolare come Joker (del sempre lucidissimo Todd Phillips):  “è raro che una major accetti una competizione festivaliera, del resto Todd ci teneva tantissimo, ha fatto una sorta di prequel di The Dark Knight, forse ancora più cupo di quel film”. E ovviamente con The Laundromat di Soderbergh (sui Panama Papers), J’accuse di Polanski (sull’affaire Dreyfus) e Ad Astra di James Gray (alla ricerca del “cuore di tenebra” nello spazio) come i film più attesi del Festival (ameno per chi scrive).

Tanti bei nomi, è evidente. Forse un concorso più “canonico” nella sua composizione rispetto ai due anni precedenti, che manifesta ancora una certa difficoltà a trovare nuovi sguardi dal continente asiatico. Ma ci pensano a sorpresa i tre film italiani ad alzare il livello della pura sperimentazione sulle forme, con lo stesso Barbera che sottolinea: “i tre film italiani in concorso sono delle vere sfide estetiche. Con Il sindaco del rione Sanità Mario Martone non si accontenta delle riprese teatrali di un testo così famoso, ma lo reinventa facendo cinema al cento per cento. Con La mafia non è più quella di una volta Franco Maresco amplia il suo straordinario lavoro di ricerca antropologica sulla Sicilia, mentre con Martin Eden Pietro Marcello ripensa letteralmente il romanzo di Jack London”.

Paolo Baratta e Alberto Barbera

La sezione Orizzonti continua il suo percorso di scoperta di nuovi sguardi registici con molti (semi)esordienti, quindi ogni commento va per forza di cose rimandato. Mentre l’inarrivabile selezione del Fuori Concorso non-fiction dell’anno scorso si difende bene anche quest’anno (Loznitsa, Gianikian, Gibney, Tim Robbins, Andrea Segre), per finire con il film-concerto Roger Waters + Us + Them firmato dallo stesso Waters insieme a Sean Evans.

Piccola curiosità finale. La gara delle piattaforme Netflix vs Amazon finisce quest’anno tre a uno: Marriage Story di Noah Baumbach, The King di David Michôd e il già menzionato The Laundromat per Netflix; il biopic Seberg di Benedict Andrews (con Kristen Stewart) per Prime Video. Ecco allora: le dichiarazioni di Barbera a proposito della tanto chiacchierata concorrenza con Cannes sui film americani – “non c’è concorrenza tra Cannes e Venezia, perché il timing non lo scegliamo certo noi… quando un film è pronto va al festival più vicino, e non siamo noi a scegliere… ma sono i film a scegliere i festival” – dicono molto sulla nuova condizione distributiva del cinema nella cosiddetta streaming culture. Insomma i quattro mesi che dividono Cannes da Venezia sono come anni luce e si contano come Ad Astra nei nuovi spazi dell’audiovisivo contemporaneo.

Che dire infine? Ci sarà tanto tempo per vedere e giudicare questi film. Per ora si può solo ribadire che la curiosità e l’attesa per questa selezione rimane alta…. ed è già un primo risultato positivo messo a segno da #Venezia76.

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