#Venezia78 – Freaks Out: incontro con Gabriele Mainetti e il cast

Arriva Freaks Out, presentato in concorso al Lido. Il film uscirà nelle sale il prossimo 28 ottobre. Parlano il regista e Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Aurora Giovinazzo

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In occasione della presentazione di Freaks out, uno dei cinque film italiani in concorso a #Venezia78, fanno il loro ingresso nella sala stampa del Lido il regista Gabriele Mainetti, i produttori Andrea Occhipinti e Paolo Del Brocco, gli attori Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto e Franz Rogowski. Dalle prime battute il regista mostra di voler condividere la paternità della pellicola con l’autore del soggetto e della sceneggiatura Nicola Guaglianone, presente in sala.

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L’idea di ambientare Freaks Out nel 1943 è stata di Nicola. Ci divertiva l’idea di accostare al ‘freak’, che per sua natura fisica è unico, un elemento fortemente conflittuale, che è quello del nazista, per poi vedere cosa sarebbe successo.”

Freaks Out nasce infatti da una sfida: ambientare in un contesto cupo, come quello della Seconda Guerra Mondiale, un film che fosse un racconto d’avventura e una riflessione sulla diversità.

Nicola Guaglianone sollecitato dal regista prende la parola:

Inizialmente avevo un po’ di timore perchè ero consapevole delle difficoltà produttive di realizzare un film nella Seconda Guerra Mondiale. Ma a Gabriele gli si è accesa una scintilla negli occhi da subito. La stessa scintilla che avevo visto quando avevamo pensato di raccontare la storia di un supereroe a Tor Bella Monaca. Questa volta ci piaceva poter raccontare la storia di mostri che agiscono come uomini e uomini che agiscono come mostri. Questa è l’idea del film.”

Freaks Out è un film che guarda al cinema internazionale, una pellicola molto ambiziosa che ha richiesto uno sforzo produttivo notevole come tutti i film in costume ambientati in epoche passate. Il produttore Andrea Occhipinti non nasconde le difficoltà, anche economiche, dovute al prolungamento delle riprese. Uno sforzo positivo per oltrepassare i confini del nostro cinema contemporaneo. Poi scherza con il regista:

Inizialmente si era pensato che questo potesse essere il terzo film di Gabriele, non il secondo, ma visto il successo di Jeeg Robot abbiamo deciso di provarci.”

Mentre regista e produttori scherzano sulle promesse mantenute e sulle difficoltà della produzione, un disteso Claudio Santamaria si appresta a raccontare come ha preparato il suo personaggio con il regista. I due si conoscono da molto tempo e assieme hanno condiviso il set di Lo chiamavano Jeeg Robot.

Mi ha convinto subito il soggetto per la sua commistione di generi. Sapevo di essere davanti all’ennesimo film spartiacque che Gabriele sa fare. Abbiamo lavorato sul personaggio (Fulvio) dando spessore alla sua personalità. Abbiamo lavorato sul suo passato che nel film non si vede ma che per un attore è un lavoro fondamentale. Abbiamo cercato di sviluppare una persona di cultura che non fosse monodimensionale. Un’anima molto complessa e stratificata.”

Anche tutti gli altri attori sottolineano l’importanza del lavoro fatto con il regista per rendere più verosimili questi personaggi freak di per sé grotteschi.

Pietro Castellitto ci racconta come per lui il lavoro fatto sul set di Freaks Out sia stato importante anche per il suo futuro di regista:

Un film che affronta lo spettacolo e non scappa dallo spettacolo. Un film inedito quindi per il panorama cinematografico italiano. Questo risultato è merito della sceneggiatura che è una delle più belle che ho mai letto. Ogni personaggio ha dentro un orizzonte di idee che gli conferisce la vita. Un film che per me è stato un Master di recitazione e regia. Senza questo film e senza questa esperienza non sarei mai riuscito a fare una mia regia l’anno dopo.”

Aurora Giovinazzo descrive con un filo di emozione il suo personaggio tanto fragile quanto importante:

Abbiamo creato il mondo del personaggio di Matilde grazie al lavoro di tutti gli altri attori. Quello di Matilde era un personaggio fragile munito di una dolcezza istintiva e inserita un contesto rozzo come quello del Circo Mezza Piotta.”

Rogowski invece si permette il lusso di un’incursione più introspettiva e filosofica dicendo di aver preparato il suo ruolo senza aver mai saputo fino in fondo chi fosse il suo personaggio:

Non ho mai saputo chi fosse il mio personaggio perchè in realtà non conosco nemmeno me stesso. Io credo che il personaggio che ho portato sullo schermo sia parte della mia vita, una parte di me, ma anche una parte di Gabriele e del genere umano in generale. Ad essere onesto non ho creato un enorme background di questo personaggio, mi sono attenuto allo script e ho cercato di portare dentro tutte le mie emozioni.

Insomma, quello che sottolineano gli attori è un lavoro minuzioso ma al tempo stesso ricco di fantasia che ha permesso la nascita dei quattro freak, individui unici e irripetibili, e di tutti i protagonisti del film all’interno di una storia più grande di loro.

Il regista conclude citando la lezione ricevuta dal nostro cinema del passato definendosi nipote delle penne di Sonego, Age e Scarpelli, De Bernardi, tutti autori capaci di creare personaggi idiosincratici, vigliacchi e impauriti ma con il coraggio di tirare fuori la loro parte più bella. Quello è il loro superpotere. Questi sono i ‘freaks’ di Gabriele Mainetti.

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