#Venezia78 – The Power of the Dog. Incontro con Jane Campion e il cast

Arriva in concorso The Power of the Dog di Jane Campion, su Netflix a novembre. La chiacchierata con la stampa insieme ai produttori e ai protagonisti Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst

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“Durante la pandemia ho lasciato a metà tanti di quei libri… Con il romanzo di Thomas Savage è stato diverso. Ho creduto nel mondo creato da Savage, dalla prima all’ultima riga, mi sono immersa nella lettura e ho voluto coglierne la profondità. Una volta finito, nei giorni seguenti, mi sono accorta che i temi del libro continuavano a ripresentarsi. Così ho chiamato Roger (Frappier) e da lì è partito il nostro viaggio”

Jane Campion torna dopo dodici anni al suo cinema, alle sue condizioni, con una produzione ricca, che, a detta sua, non le impone nulla. Tra le tante letture non portate a termine durante la pandemia, un libro la cattura fin dal principio. È il primo che, dopo tanto tempo, la appassiona veramente, racconta alla stampa presente in conferenza stampa a Venezia. Addirittura, la riporta sul grande schermo. Era il 2009 quando usciva nelle sale il suo precedente lavoro Bright Star. Nel frattempo, il mondo delle serie tv: “Ho adorato lavorare nelle serie tv, adoro creare un mondo, una tonalità, alcune rasentano la perfezione. Poi Netflix mi ha permesso di scegliere che tipo di produzione fare, mi ha dato la libertà di esprimermi al cento per cento e così è nata l’idea di ritornare al cinema.”

Al tavolo, oltre alla regista e ai due protagonisti Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst, siedono anche i tre produttori del film, in Concorso: Tanya Seghatchian, Iain Canning e Roger Frappier. Il clima in sala è disteso e dalle parole di attori e produttori si capisce come Campion abbia creato un’alchimia straordinaria all’interno del gruppo. “Intuisce i desideri più nascosti degli attori e riesce ad esprimerli nella sceneggiatura. Lavorare con Jane un’esperienza liberatoria.”, osserva entusiasta Tanya Seghatchian.

C’è tempo anche per qualche battuta: “Finiamo l’incontro solo con la mia risposta…” scherza Cumberbatch, quando gli viene chiesta una valutazione dell’idea di virilità che ha il suo personaggio, Phil Burbank, e di come questo modello tossico appartenga ai giorni nostri: “Questa idea “tossica” è un prodotto della nostra natura, emerge in diverse situazioni in maniera naturale. La capisco, non la condivido.”

La convivenza forzata e il difficile rapporto tra i cognati, Kirsten Dunst e Benedict Cumberbatch, diventa momentaneamente il fulcro delle domande della stampa. I due attori raccontano di come nel film, tra loro ci sia un forte conflitto che non si realizza mai concretamente in uno scontro.

Il mio personaggio Rose – spiega Kirsten Dunst – rappresenta tutto il dolore che Phil ha dentro. Jane voleva venisse amplificato il dolore dei due protagonisti, in particolare quello di Rose. Per lei è così difficile lamentarsi con il marito del fratello. La sua vergogna e il senso di colpa sfocia nell’alcol. Fino a che non entra in gioco il tema dell’isolamento. Le lacrime di Rose davanti a suo figlio nella scena del granaio sono lacrime in cerca di comprensione per il suo dramma personale.”

L’isolamento e la convivenza forzata sono inevitabilmente due temi di grande attinenza con il presente pandemico. Con il susseguirsi di domande e risposte si capisce come The Power of the Dog sia figlio della disperata ricerca di una completa realizzazione emotiva. Realizzazione che, nell’ultimo anno, troppo spesso è rimasta imprigionata tra le sbarre delle nostre solitudini.

La conferenza si conclude rapidamente. Le ultime sono parole di stima che la Campion spende nei confronti del compositore Jonny Greenwood con cui ha creato un’alchimia musicale degna di Lezioni di Piano: “Jonny Greenwood è un genio, era così deciso di esplorare il sentimento giusto con i dettagli dell’immagine… è stato eccitante lavorare insieme anche se a distanza. Siamo entrambi persone timide ma adesso non vediamo l’ora di rivederci a Londra…”

 

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