#Venezia79 – Anhell69. Intervista al regista Theo Montoya

Abbiamo intervistato Theo Montoya, regista di Anhell69, presentato alla SIC di Venezia79. Il regista ci ha parlato del suo film, della sua città natale, della tecnologia e del cinema

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Abbiamo incontrato, nella bella cornice de La Casa della Critica al Lido, Theo Montoya, regista di Anhell69, presentato alla Settimana della Critica di questa Venezia79. Un film dalla luce ispirata ai colori della bandiera colombiana, il blu, il rosso e il giallo (“Questa idea mi è venuta guardando certi film di Godard, in cui fa la stessa cosa con la bandiera della Francia”, ci dice), ma anche a certe atmosfere di Wong Kar-wai. Classe 1992, il regista colombiano racconta nel suo film, tratto da un precedente cortometraggio dello stesso presentato a Cannes, la scena Queer di Madellín, “città di madri”, come la definisce Montoya in una scena di Anhell69. “L’energia femminile è molto potente nel film” racconta Montoya “praticamente tutti i ragazzi presenti e intervistati sono cresciuti senza padre, quindi è normale chiedersi se può esserci una relazione fra questa generazione Queer e l’assenza di padri. È una generazione cresciuta da donne la nostra e in un certo senso l’unico padre che abbiamo nel Paese è stato Pablo Escobar… quindi siamo cresciuti con l’idea di una mascolinità potentissima, malsana. Proprio per questo se da una parte c’è questa energia femminile fortissima dall’altra c’è un lato mascolino da cui non si può fuggire, e questa è una contraddizione interessante da raccontare.
Ma come dicevamo nella nostra recensione del film, Anhell69 è un film che non ha lati femminili né maschili, un film senza genere e senza possibilità di definizione… “Proprio ieri ragionavo sul fatto che prima di fare cinema ho provato a fare il dj. Sono molto influenzato dalla musica techno, per me questo film è come un mix elettronico. Ho provato a ritrarre la mia generazione, interessata a oltrepassare il limite in ogni livello, quello sessuale, quello politico e anche quello legato al cinema, e questa dell’indefinibilità era l’unica via. Per me è fondamentale non provare a classificare un film in un genere specifico, anzi penso che vada distrutto in toto il concetto di genere: il cinema è cinema e gli esseri umani sono esseri umani.”

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Anhell69 sembra essere anche un omaggio ai tanti amici defunti del regista, in una città dove la droga e la violenza sono all’ordine del giorno. “Il nostro governo vuole far apparire Madellin come la Silicon Valley del Sud America, ma questa è un’immagine che va bene solo per gli stranieri. La realtà è che qui non ci sono molte opportunità e ci sono moltissimi problemi sociali. E poi abbiamo bisogno di nascondere il nostro passato che invece non può non definire anche il nostro presente. Una delle nostre maggiori risorse economiche è la droga, perché la esportiamo e a Madellín è davvero facilissimo trovarla. Questa è la città di Pablo Escobar, personaggio che si prova a cancellare dalla memoria, invece occorre parlarne perché è parte integrante della nostra storia. Pensiamo a quanto gli USA hanno raccontato Escobar… noi invece ce ne vergogniamo e cerchiamo di rimuoverlo.

Moltissimi dei protagonisti del film infatti sono morti giovanissimi per overdose, forse per questo Anhell69 procede come una sorta di canto funerario. Il film infatti inizia con un carro funebre che gira per le strade di Medellín, guidato da un famoso regista della città. “Sì per me Anhell69 è come una domenica uggiosa, un film melanconico. Ho provato a ritrarre questo mood della domenica. E poi come dici tu è un omaggio alla città, ai miei amici venuti a mancare e al cinema come salvezza. Il carro funebre è guidato da un importantissimo regista di Madellin, Victor Gaviria. Nel mio film ci sono anche delle immagini di un suo film, Rodrigo D: No Futuro: dieci anni fa Gaviria ritraeva molto bene questa generazione senza futuro e ora viviamo nello stesso loop del futuro negato ma in nuovo spazio, lo spazio della tecnologia. E per quel che riguarda il cinema, per me la tecnologia è un’incredibile fonte di ricchezza. Io sono davvero interessato alla VR, è come una droga per me, anzi è come l’idea di prendere una droga senza prenderla effettivamente. Per esempio riguardo alla notte, che regna sovrana in Anhell69, la verità è che ora riprenderla è davvero interessante grazie a delle camere nuove che ti permettono di girare incredibilmente bene in notturna… questa è un’altra piccola rivoluzione del cinema perché si può girare senza il bisogno di tantissime luci.  Al contempo però penso che tutte queste risorse tecnologiche non sempre restituiscono bei film, magari perfetti sì, ma non belli. Perché i bei film sono spesso qualcosa di più basico, e io sono interessato a creare qualcosa di semplice e  soprattutto imperfetto”

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array