Vera andrron detin (Vera sogna il mare), di Kaltrina Krasniqi

In concorso ad Orizzonti un film sul ruolo della donna nella società, attraverso l’ostinazione di Vera, rimasta vedova a lottare contro un sistema che cerca di sabotare la sua vita

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Vera sogna il mare è un film di denuncia. La vicenda della protagonista serve a fare luce su una terra, il Kosovo, che ancora fatica ad accettare per la donna un ruolo attivo nella società, soprattutto nelle zone rurali. Lontano dai centri cittadini la figura maschile resta il dominus, un riferimento legittimato dalla tradizione, ed abituato a regolare le faccende in maniera autoritaria e con il ricorso a mezzi illeciti. Ormai sulla soglia della pensione Vera, un interprete del linguaggio dei segni, desidera soltanto vivere insieme al marito, un giudice in pensione, quel poco di agiatezza ottenuta con tanti sacrifici. L’improvvisa morte del consorte però complica i piani, ed il presente la vedrà impegnata a difendere la sua eredità e la stessa reputazione dalle mire di gente senza scrupoli.

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La progressione drammatica prevede un escalation misurata, calcolata per restare in un quadro plausibile, i metodi di ricatto, le telefonate intimidatorie, i pedinamenti, le minacce studiate ad arte, per creare un’atmosfera di pericolo crescente attorno a Vera e sua figlia, una donna divorziata con una figlia piccola ed ambizioni da attrice teatrale. L’approccio reale viene spezzato con delle incursioni oniriche dove l’acqua del mare diventa dominante, dilaga sullo schermo per accentuare un senso di annegamento e confermare di essere giunti fino al punto del non ritorno. L’alternanza visiva si snoda attraverso le scenografie urbane e rurali, gli interni cittadini e le case umili dei contadini. Il passaggio da un posto all’altro viene raccontato grazie agli spostamenti in auto della protagonista tra i vari panorami, mostrano una donna fiera delle sue conquiste lavorative, poco disposta a sottostare ad equilibri antiquati, ed impegnata a difendere la propria indipendenza dalla logica di accerchiamento. In queste latitudini si muovono i personaggi, ed i loro ruoli sono utili per approfondire la critica sociale, la spasmodica ricerca di denaro, la corruzione presente fino ai gradini più in alto della piramide, con un occhio attento soprattutto alla speculazione edilizia, esplorata con l’imminente costruzione di un’autostrada ed il rincaro del costo della terra.

L’evidente ingiustizia subita dalla donna è la parte più riuscita. Suscita invece delle perplessità l’incursione molto limitata nei mondi dell’inconscio, più per la forma che non per la sostanza, condivisibile negli intenti. Il bilancio è il ritratto di un paese in ritardo su conquiste basilari per completare il percorso di maturità, con la definitiva integrazione delle donne e la presa d’atto di un sistema di gestione del potere marcio fino al midollo. Obiettivi realizzabili solo con una massiccia dose di coraggio, per farsi strada dentro un’ostilità riscontrata anche dove ci si sarebbe potuto aspettare una solidarietà di genere.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
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