Vera, di Tizza Covi, Rainer Frimmel

Vera Gemma, la figlia del grande Giuliano, è la protagonista di questo piccolo, delicato film UFO, in cui l’invenzione scopre il lato nascosto delle cose.

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chi ha cercato la maniera/ E non l’ha trovata mai/ Alla faccia che ho stasera/ Dedicato a chi ha paura/ E a chi sta nei guai/ Dedicato ai cattivi/ Che poi così cattivi/ Non sono mai

Nei titoli di testa parte Dedicato, la canzone di Loredana Berté scritta da Ivano Fossati. E le parole sembrano perfette per raccontare Vera Gemma, la figlia del grande Giuliano, su cui Tizza Covi e Rainer Frimmel tessono questo piccolo, delicato film UFO. Una sensazione di dolce stanchezza, di tenera disperazione. Ma anche di incrollabile resistenza, al di là di tutto. di autoironia stoica, vivissima.

Già l’incipit è straordinario. La protagonista si avvia verso un locale, seguita dalla macchina da presa, in un pedinamento che sembra stare a metà tra il documentario e certo cinema americano anni ’70/’80. Là davanti, una cantante – Arisa, per inciso – sta facendo delle foto con alcuni fan. Poi saluta tutti e se ne va. E Vera prende il suo posto, si mette in posa per i fotografi e si concede pochi istanti di glamour. Per poi rituffarsi nel buio delle cose, fino al termine della notte. C’è già tutto. Il desiderio di occupare uno spazio in primo piano e la netta percezione di essere sempre e comunque tangenziali. La vertigine di una continua oscillazione tra il desiderio e la disillusione. Ma anche la fortuna di poter tornare a un piano di realtà, alla terra, pur con tutte le sue desolazioni. Là dove si prosciuga quell’aria umida, eccitante ma appiccicosa, che circonda le luci della ribalta. È solo rugiada

Inseguendo il personaggio di Vera Gemma, tra i piani scivolosi, mai perfettamente comprensibili, della verità e dell’immaginazione, Tizza Covi e Rainer Frimmel raccontano la fatica della costruzione di un’identità, oltre le eredità sperperate, il debito dei legami, i grovigli da psicoanalisi, oltre la gente intorno, quella “che come un gufo vuole guardare”, sfruttare e giudicare. E c’è un che di meravigliosamente naïf nel modo in cui i due registi sparigliano le carte, costruiscono o mandano in frantumi la messinscena, in tutti quei momenti in cui la scrittura si fa più decisa e invasiva. Come nelle esilaranti scene con il fidanzato Gennaro, improbabile aspirante regista che vuole fare un film con Monica Bellucci. O in tutti i quadretti familiari nella periferia di San Basilio, con il fantastico  ragazzino che stabilisce con Vera l’unico legame autentico, il padre truffatore e la nonna di borgata. Fino all’esplicita dichiarazione della scena in cui la protagonista e l’amica Asia Argento vanno al cimitero acattolico di Roma, a visitare la tomba del figlio di Goethe.

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Perché è tutto un lasciarsi andare alla sgrammaticatura, al movimento incerto dell’obiettivo, al montaggio più elementare. Quasi a voler riportare il cinema all’umiltà di un grado zero, dove tutto è tentativo. Dove il gesto risponde allo slancio di una purezza amatoriale, da “pivellini”, alla libertà di quel momento in cui l’amore non è ancora stato sporcato dal mestiere, imbrigliato dall’obbligo della professionalità. Il che sembra quasi in contraddizione con la precisione l’etica di quegli istanti in cui lo sguardo è più incline a restare sul reale. O con la consapevolezza profonda dell’operazione, delle scelte e delle loro implicazioni. Ma, alla fine, è tutto un momento fluido in cui l’osservazione diventa attenzione e cura. E l’invenzione è la chiave che scopre il lato nascosto del quotidiano. Fatto di miserie, certo. Ma anche di bellezze profonde, vere oltre ogni possibile trucco.

 

Regia: Tizza Covi, Rainer Frimmel
Interpreti: Vera Gemma, Annamaria Ciancamerla, Sebastian Dascalu, Daniel De Palma, Alessandra Di Sanzo, Asia Argento, Gennaro Lillio, Walter Saabel, Giuliana Gemma
Distribuzione: Wanted Cinema
Durata: 115′
Origine: Austria, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
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