Vetro, di Domenico Croce
L’opera prima del regista italiano è un prodotto ambizioso, ben recitato ma corre troppo velocemente e finisce per incespicare su stesso.
A restare chiusi in casa per giorni e giorni ci siamo abituati tutti in questi ultimi anni, eppure ci sono realtà e persone che questa pratica la mettono in atto a prescindere dalla situazione pandemica. Sono conosciuti con il nome giapponese di ‘hikikomori’ (definizione che ormai è diventata una sorta di termine ombrello per indicare situazioni di estremo isolamento) e vivono chiusi nelle loro camere, spesso incatenati dall’ansia sociale e dalla costante presenza di internet nella loro vita. Lei (questo il nome enigmatico della protagonista) è una adolescente che passa le giornate in una stanzacolorata e piena dei suoi bellissimi disegni. Il suo unico rapporto umano è quello con suo padre, con il quale parla attraverso una porta. La motivazione è la paura dell’esterno, della vita là fuori. La ragazza infatti, convinta di trovarsi a Torino, dove, secondo quello che le ha detto suo padre, qualche anno prima è stata perpetrata una folle violenza su dei bambini. Ha così deciso, per questo motivo, di evitare il contatto con il mondo, pericoloso e confuso.
Quello che accade con lo scorrere dei minuti è pero una graduale presa di coscienza della protagonista, che si rende conto che la realtà che conosce è molto più confusa di quel mondo che tanto temeva. La sua vita è inizialmente molto lineare e piena di cose da fare durante la giornata. Da un lato gioca e studia con suo padre, nei confronti del quale Lei prova un senso di colpa per averlo costretto ad una vita alle sue dipendenze, dall’altro parlare con un ragazzo conosciuto tramite il social “Community”. Ma la cosa che più da vita alle sue giornate è la ricerca della verità sui suoi vicini di casa, in particolare uno, un poliziotto che apparentemente nasconde un segreto su una donna che tiene segregata in casa. Lei guarda il tutto attraverso un vetro, come da titolo, ed è un vetro, uno schermo, anche quello con il quale guarda il ragazzo con cui si confida tutti i giorni.
L’opera di esordio di Croce può contare su una fotografia colorata, frizzante e molto pop e una scenografia composta principalmente da una sola stanza (il film è stato girato interamente nei teatri di posa del CSC), che diventa un nido di protezione anche per lo spettatore stesso. Il film inoltre si avvale dell’interpretazione convincente di Carolina Sala.
Ma la vera problematica di Vetro risiede però nel momento in cui si scivola verso il thriller psicologico puro e semplice. Perde così il filo del discorso, inciampa su delle trovate narrative controproducenti (i deliri allucinatori di Lei sono una bella idea ma sono sfruttati male e finiscono per creare buchi nella trama) e non può far altro che soccombere nella spasmodica ricerca di un colpo di scena dietro l’altro. Infatti se i primi plot twist che Vetro propone sono intelligenti e interessanti e instaurano una riflessione su tematiche molto attuali, l’ultimo colpo di coda della trama è sconclusionato rispetto alle potenzialità che aveva.
Regia: Domenico Croce
Interpreti: Carolina Sala, Tommaso Ragno, Marouane Zotti
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 90′
Origine: Italia, 2022