VIAGGIO IN ITALIA – "Linee d'ombra", di Armando e Francesco Crispino
Il documentario di Francesco Crispino, figlio del regista Armando, è un intenso e allo stesso tempo equilibratissimo atto d’amore nei confronti della figura paterna, incarnata non soltanto nel padre biologico, ma in tutto quel cinema di “genere”, prepotentemente militante e ormai scomparso, la cui riscoperta oggi svolge non solo una funzione filologicamente doverosa ma anche una sorta di immersione purificatrice in quell’artigianato intellettualistico sessantesco per certi versi unico e mai più replicato dal nostro cinema
Autore di cult dalla fama internazionale come L’etrusco uccide ancora e, soprattutto, Macchie solari, thriller psichedelico a cui La terza madre di Dario Argento è profondamente debitore, Armando Crispino è uno dei registi più sottovalutati della sua generazione. Sceneggiatore e regista capace di cimentarsi in più generi cinematografici (il thriller, il western, la commedia, il musical), ha mantenuto sempre una fiducia assoluta nella potenza percettiva e iconoclasta del linguaggio cinematografico.
Linee d’ombra di Francesco Crispino, figlio del regista, è un intenso e allo stesso tempo equilibratissimo atto d’amore nei confronti della figura paterna, incarnata non soltanto nel padre biologico Armando, ma in tutto quel cinema di “genere”, prepotentemente militante e ormai scomparso, la cui riscoperta oggi svolge non solo una funzione filologicamente doverosa ma anche una sorta di immersione purificatrice in quell’artigianato intellettualistico sessantesco per certi versi unico e mai più replicato dal nostro cinema. Alternando sequenze dei film di Armando Crispino, in larga parte introvabili come ad esempio Le piacevoli notti, John il bastardo, Commandos, Faccia da schiaffi, con interviste a Steve Della Casa, Lucio Battistrada, Carlo Lizzani, Dario Argento, Ettore Scola, Marco Giusti, Paolo Mereghetti, Riz Ortolani, che rendono omaggio alla personalità artistica e umana del regista italiano, Linee d’ombra ripercorre la carriera di Armando dagli esordi come aiuto-regista di Antonio Pietrangeli ai successi degli anni settanta, finendo con il ricostruire soprattutto un’epoca storica del nostro cinema e ridando lustro a una generazione “invisibile” che ha investito il proprio talento nello sperimentalismo e nella visione dell’oggetto filmico come prodotto di consumo tecnicamente ben eseguito, dai sottotesti sociali sferzanti e trasversali. Un documentario che fonde quindi il ricordo privato (A tutti quelli che, attraverso il proprio padre, hanno scoperto il Cinema… è la tenera dedica che apre e chiude il film) con l’analisi critica, il rimpianto struggente per il passato con il rilancio ludico di un modello cinematografico insolente e libero.