Video Killed The Music Star? – Controstoria dei concerti in streaming

Dai primi esperimenti dalla quarantena all’half time concert di The Weeknd all’ultimo Super Bowl, un viaggio che analizza i rapporti tra musica dal vivo e dimensione digitale nell’era COVID

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Più volte da marzo 2020 abbiamo già ragionato sulla situazione della musica dal vivo nell’era COVID ma cosa succede se analizziamo lo stesso contesto dal punto di vista di quel digitale che la vulgata guarda con sospetto? Davvero, in sostanza, un concerto in streaming è solo un palliativo in attesa di tornare a pogare nel pit di un’arena?

Il problema, forse, è considerare lo streaming solo un mezzo di trasmissione di un segnale ma se invece si trattasse di uno strumento che modella la performance nel profondo e preserva quella scintilla di liveness da cui l’evento dal vivo canonico potrebbe ripartire in futuro?

Dopotutto, fin dagli inizi dei vari lockdown di primavera, il digitale e la musica dal vivo hanno costruito una connessione molto più ricca di sfumature di quanto si creda.

Pensiamo alle Quarantine Sessions caricate su Youtube da Tom Misch o alle live di Instagram di James Blake, in cui il producer ha improvvisato una serie di cover decise dagli spettatori. Queste prime esperienze puntavano a conservare la liveness dell’evento spettacolare ma in esse si percepiva già la spinta ad una riconfigurazione del rapporto tra spettatore e performer. Lo streaming, l’isolamento, hanno permesso al pubblico di confrontarsi con il cantante in modo nuovo, privo di filtri, di trovarsi a contatto con una liveness molto più forte di quella tradizionale, in cui l’elemento “vivo” non è più il puro l’evento ma l’artista stesso, catturato nella sua interiorità.

Progressivamente si è arrivati anche ad un ripensamento della forma concerto. Le Haim, ad esempio, hanno presentato il loro terzo disco in un live streaming su Youtube suonando in un set che ricorda una tavola calda anni ’50. Lo streaming permette evidentemente di adottare un approccio site specific e di ragionare in tre dimensioni, organizzando uno spazio che, come in questo caso, rimanda all’estetica del disco, costruendo la performance su di essa piuttosto che accontentandosi di qualche riferimento artefatto rilanciato durante un concerto analogico.

Emblematica è anche la mutazione del format Youtube Tiny Desk, che prima della pandemia ospitava performance di artisti in uno spazio minimalista e che ora è stato obbligato a rinnovarsi. Lo spin off Tiny Desk (At Home) dà per scontato che ormai la musica dal vivo si fa in casa e ricrea dunque in studio uno spazio domestico connotato tuttavia sui caratteri del performer che lo abita di volta in volta.

È con la performance di Lady Gaga ai VMA dello scorso settembre, però, che si cominciano ad esplorare, le possibilità espressive di un evento visibile solo in video. Il ricorso al linguaggio cinematografico è evidente, i movimenti di macchina aprono lo spazio dell’esibizione ma soprattutto contribuiscono a mutare lo sguardo del pubblico sull’evento. Il punto d’osservazione diventa a 360 gradi e lo spettatore abita lo spazio del concerto in un modo impensabile nella dimensione analogica.

Le coordinate suggerite dai VMA sono state approfondite prevedibilmente dai concerti dell’autunno 2020, organizzati sopratutto dagli esponenti delle nuove generazioni del pop.

Billie Eilish, nel suo evento Where Do We Go?  costruisce letteralmente l’evento sulla pandemia muovendosi in un ambiente virtuale che amplifica le sensazioni dell’isolamento, il tutto mentre il videowall da cui è circondata si anima di creature inquietanti.

streaming

La Eilish abbraccia tramite il digitale quel ruolo di sacerdotessa della Generazione Z di cui il suo fandom l’ha investita da tempo, considerando il concerto alla stregua di un esorcismo nei confronti della pandemia. Lo spazio digitale è la dimensione ideale per sottolineare questo processo di liberazione. La salvezza è in uno spazio altro, costruito attorno alla Eilish brano dopo brano ed in particolare nel locus amoenus che assorbe la performer sul finale, un ambiente abitato tanto da lei che dallo spettatore, il quale può immergervisi grazie ai movimenti di macchina che tornano a giocare con il suo sguardo.

Studio 2054 di Dua Lipa rappresenta invece il grado massimo di quella cinematografizzazione della forma concerto a cui si è già accennato. Più che uno streaming dal vivo, Studio 2054 è un visual album costruito su una serie di esibizioni della cantante montate ad hoc. Immerso nel digitale, il concerto diventa uno spazio di cui Dua Lipa fa piena esperienza, una dimensione che si rifà ad un’estetica anni ’80 ed in cui il prelievo tipico del postmoderno si fa liquido ed i singoli materiali diventano parte di un flusso continuo di dati, di connessioni, di discorsi sempre nuovi.

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Il punto di arrivo di questo viaggio è il Super Bowl 2021, luogo di rinascita di una liveness consapevole dei nuovi mezzi che lo streaming gli ha messo a disposizione.

Già il Tailgate, il concerto pre show di Miley Cyrus, pare aver voluto trovare la sintesi tra spazio digitale e dimensione analogica. la performance, voluta da Snapchat, è stata infatti trasmessa dal vivo sul social network cinese e, per quanto si tratti di un contesto ancora grezzo, è chiaro che si punti ad organizzare una nuova lettura della popstar attraverso il digitale. L’esibizione è infatti catturata nella verticalità dello schermo dello smartphone e potremmo trovarci per questo forse di fronte ad un prologo verso una nuova riconfigurazione dello sguardo a contatto con l’evento spettacolare.

L’half time show di The Weeknd si pone invece all’esatto punto d’incontro tra ciò che c’era prima e ciò che ci sarà in futuro nella dimensione della musica dal vivo. L’evento conserva infatti la grandiosità della tradizione dei concerti del Super Bowl, ma si percepiscono numerose interferenze dello spazio digitale ormai connaturato alla dimensione analogica: pensiamo all’intermezzo visibile solo in video, che vede The Weeknd esibirsi in un labirinto di specchi, ai discreti o ai frequenti sguardi in macchina del cantante.

Quello che sembrava un panorama di detriti si dimostra invece uno spazio ricco di materiali da cui far partire la ricostruzione. Probabile dunque che la rinascita dell’evento dal vivo possa dunque passare da quel ripensamento dello sguardo e da quella cinematografizzazione che sono gli elementi più ricorrenti nei live streaming, strutture che, pur non negando mai la liveness di eventi del genere, aiuterebbero il concerto a ripensarsi in un momento così difficile ma anche a rinnovarsi linguisticamente per il futuro.

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