VIDEOCLIP – David Bowie: il video-artista (parte I)
Sintesi estrema di un formato videomusicale che strumentalizza il corpo per raffigurare “televisivamente” i brani, la figura del “duca bianco” incarna il materiale stesso della messinscena e fornisce ai registi ingaggiati un fenomenale mezzo di “visualizzazione sonora”.
RETROSPETTIVA
David Bowie: il video-artista (Parte I)
Se David Bowie non coincidesse anima e corpo con la sua trentennale videografia, l'odierno immaginario discografico apparirebbe privo di quelle medesime intuizioni estetiche portate da Oscar Wilde in campo letterario; già la radicale ellissi narrativa azzardata da Todd Haynes nel prologo di "Velvet Goldimine" intesseva uno stimolante trait d'union tra i due personaggi, svelandone a pieno titolo le profonde similitudini sul piano dell'osmosi "arte-vita" e in relazione ai travagliati trascorsi biografici.
Sintesi estrema di un formato videomusicale che strumentalizza il corpo per raffigurare "televisivamente" i brani, la figura del "duca bianco" incarna infatti il materiale stesso della messinscena e fornisce ai registi ingaggiati un fenomenale mezzo di "visualizzazione sonora". Come dimostra anche il diretto coinvolgimento della star inglese nella produzione di certi clip (Ashes To Ashes, China Girl, Loving The Alien), l'attenzione del futuro Ziggy Stardust verso la diffusione della propria immagine costituisce parte integrante di un processo artistico ad ampio raggio, incapace di prescindere dalla progressiva ridefinizione di costumi, trucchi e orpelli. Sia il make up che gli abiti di scena diventano protagonisti assoluti della trilogia composta da Life On Mars, Be My Wife e Heroes, dove la silhouette del songwriter risulta visibile solo grazie all'ausilio di rossetti, ombretti o ciprie: cioè, la perfetta coincidenza tra essere e apparire tipica dell'intero movimento glam.
L'impiego di riprese dal vivo per John I'm Only Dancing, Space Oddity e Wild Is The Wind rappresenta un espediente atto a ribadire la centralità del lead singer nei confronti della band o del pubblico (con tanto di esplicativi carrelli circolari), mentre le occasionali sequenze di fiction contenute in The Jean Genie decontestualizzano la fruizione del concerto rendendo la cornice assai poco significativa. La moltiplicazione dell'icona-Bowie sugli schermi TV viene intessuta negli autoironici Boys Keep Swinging e Blue Jean attraverso l'arma del travestimento, ma è il montaggio a generare una sorta di duplicazione del personaggio in Look Back In Anger di David Mallet, quasi un'anticipazione del successivo Tuesday Child per l'ossessione verso i riflessi dello specchio.
Persino le opere più affrancate dalla presenza del cantante britannico (Let's Dance su tutte) raffigurano l'esternazione di dinamiche psicologiche interne alla star, tra viaggi psichedelici e fuoriuscite immaginarie che ne dipingono pur sempre la personalità "schizofrenica". Ovvero, la straordinaria abilità di contenere nelle proprie membra il cambiamento indotto dagli stili, mai dal tempo.
VIDEOGRAFIA (1972 – 1985)
John, I'm Only Dancing (1972) – Mick Rock
Space Oddity (Space Oddity, 1972) – Mick Rock
Life On Mars? (Hunky Dory, 1973) – Mick Rock
Ziggy Stardust (The Rise And The Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars, 1973) – D.A. Pannmaker
The Jean Genie (Aladdin Sane, 1972) – Mick Rock
Be My Wife (Low, 1977) – Stanley Dorfmann
Heroes (Heores, 1977) – Stanley Dorfmann
Boys Keep Swinging (Lodger, 1979) – David Mallet
D.J. (Lodger, 1979) – David Mallet
Look Back In Anger (Lodger, 1979) – David Mallet
Ashes To Ashes (Scary Monsters, 1980) – David Bowie, David Mallet
Fashion (Scary Monsters, 1980) – David Mallet
Wild Is The Wind (1981) – David Mallet
Let's Dance (Let's Dance, 1983) – David Bowie, David Mallet
China Girl (Let's Dance, 1983) – David Bowie, David Mallet
Modern Love (Let's Dance, 1983) – Jim Yukich
Blue Jean (Tonight, 1984) – Julien Temple
Loving The Alien (Tonight, 1984) – David Bowie, David Mallet