VIDEOCLIP – Queen: una visione

L'adesione “spirituale” più che compositiva di Mercury al movimento glam costituisce un furbo pretesto atto a “sovraesporre” la figura del cantante, che risulta appesantita da orpelli e gingilli, talvolta caricaturizzata dal trucco, sempre evidenziata da un vestiario provocatoriamente femminile, autentico architrave del Queen-style

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Queen: una visione


Che i Queen rappresentino i convenzionali capostipiti del fenomeno videoclip (inteso nell'accezione moderna e attuale del termine), è scritto sulle storie della musica come pure nella manualistica dedicata al tema. Le immagini associate a Bohemian Rhapsody (Bruce Gowers) spiavano i volti dei quattro col proposito inedito d'istituire un legame tra note e fotogrammi, promuovendo definitivamente l'ingresso della canzone sugli schermi televisivi. Artefice diretta o meno di tale innovazione, negli anni successivi la formazione londinese si è rivelata tuttavia incapace di rileggere tale strategia formale, affidandosi piuttosto ai propri corpi, all'esuberante fisicità sprigionata dal suo leader, al processo di addizione attuato sulle loro figure, per promuovere un efficace riscontro iconografico dei brani interessati. Una scelta coerente quanto versatile e fertile, seppur indotta in più circostanze da semplici ragioni di mercato, secondo un assioma ben consolidato che vuole il coinvolgimento diretto della band nelle riprese, come ingrediente determinante per le vendite finali.
L'escamotage di filmare le esibizioni live del gruppo nei clip di Killer Queen, We Are The Champions, We Will Rock You o Flash, venne riproposto parzialmente anche in Radio Ga-Ga e The Game, come a sottolineare il perpetuo interesse dei rispettivi "directors" nei confronti della performance.
L'adesione "spirituale" più che compositiva di Mercury al movimento glam costituisce un furbo pretesto atto a "sovraesporre" la figura del cantante, che risulta appesantita da orpelli e gingilli, talvolta caricaturizzata dal trucco, sempre evidenziata da un vestiario provocatoriamente femminile, autentico architrave del Queen-style lungo i primi dieci anni d'attività. Trascendendo i riferimenti a Seven Seas Of Rhye e Another One Bites The Dust occorre sottolineare il caso di Bicycle Race (De Vallance), primo video a liberarsi dei membri della band per mettere in scena decine di ragazze nude durante un'allegra scampagnata in bicicletta, il che gli valse "ovviamente" l'accanitissima censura di tutte le principali emittenti del Regno Unito. Pur in contraddizione con le produzioni precedenti, quelle immagini non rinunciarono a saturare la pellicola, a riempirla di oggetti, a gravare sull'occhio dello spettatore, moltiplicando anzi ciascuna sequenza con un gioco di specchi e riflessi. Alcune dispute sorte tra le rispettive label costrinsero Bowie e i suoi acerrimi rivali a disertare le immagini di Under Pressure, fruttuosa quanto inaspettata collaborazione in grado d'illuminare il fiacco Hot Space e regalare agli appassionati scene di contorno finalmente libere dalla presenza degli artisti. Il titolo della canzone trova una spontanea raffigurazione nel crollo di un grattacielo o in un'affolata metropolitana giapponese, scenari appesantiti dall'onnipresente fast forward che accompagna la splendida fotografia in bianco e nero, gravida come non mai di forme, oggetti, elementi.
Il processo di moltiplicazione diventa clonazione a partire da Crazy Little Thing Called Love, episodio tutto sommato marginale nella lunga videografia del gruppo, dove il cantante originario di Zanzibar si mostra per la prima volta trasformato con tanto di baffi folti, acconciatura minimale e occhiali da sole; vale a dire il look stereotipato delle comunità gay, cui Mercury si adeguerà permanentemente nel corso della decade successiva, al punto da annoverare ben due sosia nel clip di The Miracle, uno relativo alla nota fase 80s, l'altro ispirato al periodo precedente. Ricalcando pedissequamente il delizioso Boys Don't Cry dei Cure, il video sostituisce ciascun membro del gruppo con una controparte teenager, in un ironico tripudio alla purezza voluto anche dalle liriche del brano. Torna l'intento di calamitare l'attenzione sui personaggi, stavolta sdoppiati e miniaturizzati come per accedere più agevolmente nelle case della gente.
La logica del travestimento subisce una chiara esasperazione in Hard Life, nel quale la maschera assurge ad artificio, strumento per eccellenza del kitsch, e I Want To Break Free, dove la band sceglie invece di calarsi nei panni di quattro buffissime donne, in risposta alla raffica di voci sorte sull'omosessualità di Freddie. A Kind Of Magic (Muclahy) proietta May, Deacon e Taylor nel ruolo d'improbabili barboni riscattati dal potere immaginifico della musica, scherzando poi con fare cinico sul problematico rapporto arte-fama.
Il presenzialismo dei Queen assume connotati invasivi qualora si appropria d'immagini "aliene", magari estrapolate dai contesti più disparati; vale a dire Metropolis, che fornisce un suggestivo sfondo a Radio Ga-Ga per celebrare il restauro della pellicola firmata da Fritz Lang. Il pezzo sovrascrive i loro volti sulla memoria cinematografica dello spettatore, una contaminazione capace di regalare ottimi frutti anche nel misconosciuto Princes Of The Universe, colonna sonora di Highlander. Qui il frontman duella con Christopher Lambert armato però di un lungo microfono, quasi a rimuovere dalle scene il vero antagonista esprimedo contemporaneamente un'amara pulsione all'immortalità.
Eppure l'esaltazione del corpo svela la sua stessa fragilità, suggerisce con accenti malinconici I'm Going Slightly Mad, al quale è impossibile non associare il ricordo di un Mercury destinato a dissolversi, ormai logorato dall'AIDS (l'infelice The Invisible Man preannunciava forse qualcosa?) ma "rianimato" da un trucco pesantissimo insieme a una parrucca fatta di banane! Insieme a These Are The Days Of Our Lives resta la sua unica apparizione allo stadio terminale della malattia, su cui The Show Must Go On (girato dalla premiata ditta Dolezal-Rossacher) indugerà a fondo in una sorta di best of dei vecchi clip, montati in successione con "effetto-commozione" allegato. Il senso di fisicità scompare definitivamente in Innuendo di Jerry Hibbert, dove l'infermità del cantante impone agli altri di rinunciare alle proprie membra, divenute ora gli esili fantasmi di passate esibizioni, riproposte qui sottoforma di cartoon.
L'assenza di Mercury nel tributo a lui dedicato e nel video di No One But You, continuerà a richiamare paradossalmente la sua presenza, quella di un "invisible man" che vive ancora attraverso la propria indimenticabile voce.

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    Un commento

    • Oramai appassionato della musica dei Queen da più di dieci anni e, ritengo, conoscitore della loro storia non solo musicale ma anche artistica a livello di videoclip, sono certo di non aver mai trovato un articolo più inesatto di questo. Prima di scrivere qualcosa, cerchiamo di conoscere ciò di cui stiamo scrivendo. Quasi tutti i riferimenti ai video sono sbagliati o buttati lì a caso…internet purtroppo ha dato la grande occasione a chi sa scrivere e ha qualcosa da dire, di poterla rendere pubblica, ma ha dato anche la possibilità di scrivere e rendere pubblico qualsiasi testo, anche se inesatto come questo. Cerchiamo di far buon uso del web e evitare disprecare spazio. Grazie