VIDEOCLIP – The Doors: dal corpo al mito

A cavallo tra la definizione di nuovi stilemi finzionali e il reclutamento del solito materiale registrato dal vivo, la produzione visiva del quartetto americano sembra riscrivere definitivamente le regole del cosiddetto “protoclip” per inaugurare piuttosto la formulazione di inedite strategie creativo-promozionali.

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Benchè prive di un'ideale collocazione mediatica a dieci anni dalla nascita delle prime reti televisive specializzate, ogni apparizione videomusicale dei Doors testimonia in realtà l'acuta comprensione di un mezzo allora erroneamente reputato vicario della pubblicità. A cavallo tra la definizione di nuovi stilemi finzionali e il reclutamento del solito materiale registrato dal vivo (capace pur sempre di assicurare l'ingresso delle band nelle case dei consumatori, attraverso il tubo catodico), la produzione visiva del quartetto americano sembra riscrivere definitivamente le regole del cosiddetto "protoclip" per inaugurare piuttosto la formulazione di inedite strategie creativo-promozionali.

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Invece di sondare con piglio illustrativo le ossessioni già racchiuse nei brani come per il didascalico Wild Child e in qualche toccante fotogramma di The Unknown Soldier, il repertorio del gruppo indugia altresì nella creazione di una mitologia "morrisoniana" fatta di backstage e furbi documenti di vita vissuta, atti celebrare in primo luogo un "lifestyle", un'icona. D'altronde le selvagge traversate nel deserto di Horse Latitude e la compiaciuta autoreferenzialità del ridondante Rodhouse Blues (una rassegna degli eccessi, delle violenze e di quella famosa esuberanza sfoggiata sia dal gruppo che dai propri fan) si spengono entrambe in emblematici fermo immagini con l'effige del cantante, ribadendo inequivocabilmente la centralità della star rispetto al suo stesso universo espressivo. O meglio, la loro totale coincidenza.


Texas Radio And The Big Beat esemplifica distintamente la lungimiranza di un'operazione commerciale capace di generare autentici fenomeni costume ma colpevole anche di sacrificare la reale essenza del gruppo sull'altare della banalizzazione, ovviamente in salsa "sesso, droga e rock'n roll"… quando poi la vera anima sovversiva della formazione californiana coincideva con la normalità inquietante e un pò schizofrenica ritratta pure dal genuino People Are Strange o dal diseguale L.A. Woman, mirabili affreschi di luoghi, persone, momenti, sguardi in grado di ritrarre l'intera umanità sotto l'occhio indagatore del compianto Jim.


Persino le sobrie sequenze "live" di Break On Through, Light My Fire, Touch Me e The End (guarda caso i pezzi più rappresentativi dell'intero repertorio) concorrono alla cementazione di un'idolatria resa palpabile tanto dal ricorso forsennato al primo piano quanto da una fotografia cupa dove si impongono soltanto i corpi dei musicisti.

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