VII ASIAN FILM FESTIVAL – "Dance of the Dragon" di Max Mannix e John Radel

dance of the dragon

Una storia coinvolgente e romantica, dove si ricerca in modo però non totalmente riuscito la complessa fusione tra l'estetica orientale, qui incarnata dalle arti marziali, e quella occidentale: il ballo. Il motivo di questo piccolo fallimento del film è forse da ricercarsi in una visione superficiale che si ha della danza, mostrata in modo troppo stilizzato

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dance of the dragondi Riccardo Rosati

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Nell'ambito della settima edizione dell'Asian Film Festival di Roma, attualmente in programmazione presso il Cinema Farnese, ci concentriamo su una delle pellicole incluse nella rassegna Focus su Singapore. Un bambino (Tae) torna a casa correndo con la gioia sul viso: sogna di diventare un giorno un ballerino. Divenuto ragazzo, egli abbandonata la piccola città di campagna, per spostarsi dalla Corea del Sud a Singapore, iscrivendosi a un'importante scuola di ballo. Qui vive una vicenda umana improntata sulla leggerezza e la grazia, riuscendo anche a far tornare il sorriso e la voglia di ballare alla sua insegnante, Emi. Il loro è un “dialogo” fatto di poche parole, ma pieno di lunghi sguardi, rievocando così il più tipico rapporto amoroso orientale. Senza mai scadere nel troppo banale e men che meno nel volgare, Tae e Emy vivono un momento in cui capiscono che solamente insieme saranno capaci di sfidare l'eterna paura di essere se stessi. Il loro ballo possiede un'aura di dolce malinconia, tanto da contagiare persino l'animo duro del marito della donna. Quest'ultimo, un maestro di kung fu interpretato da un granitico J.S. Lee, vede nel ragazzo un temibile rivale, senza però mai riuscire a provare per lui odio né invidia.I due registi mostrano di gradire uno stile occidentale, in parte di stampo hollywoodiano, dove alla eleganza formale, caratteristica peraltro essenziale di molti film cinesi, si unisce la visione poetica della lotta dell'individuo per affermarsi: concetto abbastanza lontano dalla mentalità orientale. Non per nulla trattasi di una pellicola sui sogni e il modo di realizzarli, per quanto difficile possa essere; e questa è decisamente una tematica molto più vicina alla nostra cultura. 
Una storia coinvolgente e romantica, dove si ricerca in modo però non totalmente riuscito la complessa fusione tra l'estetica orientale, qui incarnata dalle arti marziali, e quella occidentale: il ballo. Il motivo di questo piccolo fallimento del film è forse da ricercarsi in una visione superficiale che si ha della danza, mostrata in modo troppo stilizzato. La trama infatti ignora quasi del tutto il lato meno poetico di questo mondo, rappresentato dal duro lavoro che si fa quotidianamente in sala da ballo, aspetto fondamentale per qualsiasi storia che intenda trattare con efficacia questa tematica.

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    Un commento

    • Ho visto anche io il film e condivido in pieno, trovo che ci sia un ammicamento a volte forzato verso i canoni anche formali di certi film hollywoodiani, ma è comunque affascinante come gli orientali si avvicinino al ballo…è un modo forse per uscire dai rigidi schemi di una società che tende a schiacciare le istanze dell'individuo.