VIII Festival del Cinema Europeo – "Riparo", di Marco Simon Puccioni

Puccioni gira con stile essenziale, asciutto, efficace e diretto, anche nei momenti di maggiore drammaticità, senza malizia nelle scene di sesso lesbico né facile sensazionalismo nella vicenda di Anis, giovane immigrato irregolare.A conti fatti, il film italiano in concorso a Lecce è un ottimo exemplum per il becero cinema nostrano che passa nelle sale

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Il Festival del Cinema Europeo è una manifestazione che continua a crescere. E ha tutte le carte in regola per farlo: i lungometraggi in concorso, infatti, migliorano di anno in anno. Questa edizione, in effetti, si distingue proprio per l'eccezionale qualità della sezione "Concorso": pare che i selezionatori si siano finalmente rivolti a scelte (viene in mente Reprise di Joachim Trier) che esulano da quel certo 'cinema festivaliero snob' cui un tempo era facile trovarsi al cospetto, qui a Lecce. La differenza per esempio che passa tra il film italiano in competizione lo scorso anno, Sandra Kristoff del filmmaker Vito Vinci, girato in digitale sporco, velleitario e sballottolante, "non destinato ad un pubblico ampio" già secondo le parole del suo autore, e il sorprendente Riparo di Marco Simon Puccioni che 'gareggia' in questa edizione, è emblematica: il film di Puccioni è realizzato con la partecipazione della Rai, ed è stato riconosciuto opera d'interesse culturale dal Ministero dei Beni Culturali – si spera che questa straordinaria pellicola possa godere della distribuzione nelle sale, dopo il passaggio a Berlino e al Festival del Cinema Gay di Torino. Il film di Puccioni utilizza come punto di partenza per la sua riflessione una situazione, quella dell'immigrazione clandestina e di tutte le problematiche conseguenti come l'integrazione o la discriminazione etnica e razziale, che sembra toccare da vicino le sensibilità di molti giovani registi, come la Marina Spada del bel Come l'ombra visto il settembre scorso a Venezia e la Kathryn Ahlrichs dello splendido Sieh zu daß Land gewinnst [Vedi di guadagnare terreno] passato all'ultimo Bergamo Film Meeting. In tutti questi film lo 'scontro' con la situazione degli immigrati è a conti fatti un pretesto: e infatti Puccioni 'infiltra' teoremianamente il suo 'personaggio-elemento-estraneo' Anis (interpretato con sorprendete bravura dal non-professionista Mounir Quadi, quasi digiuno di italiano), adolescente marocchino entrato in Italia da Tunisi nascondendosi nel bagagliaio dell'auto delle ragazze al ritorno da una vacanza, nella vita della coppia lesbica costituita da Maria De Medeiros e Antonia Liskova, entrambe impegnate in una prova attoriale davvero strepitosa: la Liskova, soprattutto, è alle prese con una figura di donna forte, introversa e determinata, che non ci sta a farsi mantenere economicamente dalla compagna che è anche la sua datrice di lavoro, possedendo la fabbrica di scarpe in cui è operaia, e che soprattutto reagisce con forza alla strana voglia di 'normalità borghese' che prende all'altra donna quando inizia a trattare come fosse figlio loro il giovane Anis, al quale per un periodo le due hanno deciso di offrire nella casa che condividono un tetto sotto cui vivere in Italia. Il tutto nella cornice 'operaia' della città di Udine, tra i magazzini di scarico delle merci in fabbrica, in cui ritroviamo anche il Vitaliano Trevisan di Primo Amore, e le uggiose mattinate del Nord: Puccioni riprende tutto con stile essenziale, asciutto, efficace e diretto, anche nei momenti di maggiore drammaticità, senza malizia nelle scene di sesso, né facile sensazionalismo nella vicenda del giovane immigrato irregolare. A conti fatti, un ottimo exemplum per il becero cinema nostrano che passa nelle sale: "ho tentato una rappresentazione che fosse rispettosa dell'umanità dei personaggi e dell'ambiguità della realtà", ha dichiarato il regista, "rinunciando ad un linguaggio più complesso pur di mettere a proprio agio lo spettatore e farlo avvicinare il più possibile all'intimità dei personaggi". E ci lascia con il finale aperto, sospeso, come una frontiera che cade, una disperata corsa verso la libertà.  

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