Punta Sacra, di Francesca Mazzoleni

Visibile sino al 2 maggio sul sito del festival di Nyon, è l’osservazione sincera degli abitanti dell’idroscalo di Ostia: oltre gli stereotipi, Mazzoleni arriva a un cuore guerriero e resistente

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Quel ritaglio di terra desolata situato nel punto di intersezione tra il Tevere e il mare è lo spazio in cui “resistono” le ultime abitazioni dell’idroscalo di Ostia. Area di notorio abusivismo edilizio, per lo più priva di piani di regolarizzazione; terra di pubbliche tribolazioni, sempre dimenticata o da dimenticare; oppressa costantemente dalla minaccia della demolizione e dello sgombero delle famiglie tutt’oggi residenti che, scampate all’ordinanza del 2010, continuano ad abitare nel luogo noto come “Punta Sacra”.
E Punta Sacra sia, allora. Cartolina dell’abbandono apparente, con le cui immagini di cruda fissità si apre il lungometraggio di Francesca Mazzoleni. Apparente sì, perché quel lembo di terra che nell’incipit trasuda tutta la sua estraneità allo spazio-tempo della vicina – eppure così cosmicamente lontana – metropoli capitolina, non vuole affatto proseguire con quell’immagine “dell’abbastanza” che conosciamo per stereotipi reiterati. La gente di “Punta Sacra” vive di fronte all’acqua, dentro il movimento incessante delle maree. Lo sguardo di ciascuno degli “occupanti” è sempre rivolto verso il gioco delle onde, catturato da quell’esclusiva pienezza di vita che non conosce pari. Qui, proprio al cospetto del mare in felice tribolazione, e al ritmo onnipresente delle musiche di Lorenzo Tomio, Mazzoleni decide di installare il proprio nodo riflessivo, scuotendolo e “meravigliandolo” di continuo con piccole storie e momenti di assoluta verità. Di fatto, è questo a travolgere il muro della mera osservazione – a scopo sociale – delle famiglie dell’idroscalo: lo sguardo dell’autrice si allaccia da subito al fianco dei personaggi, li percepisce nell’intimità, sintonizzandosi – con vera limpidezza d’intenti – con l’anima delle loro vicende bonarie e reali. Mazzoleni aveva precedentemente dato prova d’intrinseca sensibilità d’osservazione con il suo teen movie d’esordio, Succede, nel quale si calava nelle routine e nei linguaggi adolescenziali contemporanei con la naturalezza di chi mastica la materia per sentimenti e vissuti. Ma quel carattere d’evento – già rinvenuto come la vera chiave di riuscita della prima regia – qui entra con maggiore prepotenza nel tessuto filmico, facendo di questa storia di sopravvivenza – livida e “bagnata”, come la periferia di Dogman – , un ritratto di vita che sconvolge per l’eccesso di verità che ogni racconto porta con sé.

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I giovani cresciuti all’idroscalo di Ostia sono dediti all’uso di smartphone e social network nei momenti di svago, proprio come i loro coetanei della metropoli milanese; anch’essi si ritrovano spesso a confrontarsi sui dilemmi della giovinezza, a immaginare progetti futuri o, all’occorrenza, a impegnarsi nelle attività organizzate da Franca e gli altri adulti per tenere vivo lo spirito dei residenti (il recital natalizio con oggetti di fortuna, il carnevale, la radio). Ma quello che cambia radicalmente tra il ritratto di questa gioventù e quella cresciuta tra i grattacieli di Milano è il cuore del rapporto genitori/figli, qui rimesso totalmente nelle mani di un femminile “guerriero” che – lontano anni luce dal modello genitoriale dei “vecchi e infantili” borghesucci delle città confinanti – assume la guida consapevole delle nuove generazioni, tramandando ai figli valori alti e senso d’appartenenza alla terra d’origine. Non c’è, dunque, ombra di stereotipo nei diverbi privati consumati nelle loro case; bensì, si sente gravare con sincerità tutto il peso di preoccupazioni concrete e condivisibili per un futuro incerto che, presto o tardi, chiederà il conto da pagare. Nel frattempo, tuttavia, “Punta Sacra” continua la propria resistenza, non dimenticando le proprie origini, portandosi nel cuore quei Pasolini o Jara che hanno seminato il pensiero del futuro con “la fame” di rivoluzione stampata negli occhi. Il mare resta sempre lì, a fare da testimone tacito di questi destini tutti da riscrivere.

 

Miglior Film a Vision du Réel

Nastro d’Argento speciale – Premio Valentina Pedicini 2021

 

Regia: Francesca Mazzoleni
Distribuzione: True Colours
Durata: 94′
Origine: Italia 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.1 (10 voti)
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