"Vitriol", di Francesco Afro De Falco

roberta astuti e gabriella cerino in vitriol

La buona idea di mostrare una Napoli diversa è vanificata da una rappresentazione degli eventi in cui si vogliono mettere dentro troppi elementi, accumulando dettagli decisivi ad altri decisamente superrflui. Inoltre alcuni dialoghi risultano appesantiti da rimandi troppo esibiti. Forse ci sarà un seguito. Nel caso ci si sente di consigliare di seguire una maggiore leggerezza e di farsi guidare più dall'istinto che dalla testa.

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roberta astuti e gabriella cerino in vitriolGià i simboli nei titoli di testa introducono in un universo esoterico. Vitriol, primo film di finzione di Francesco Afro De Falco, si muove nelle zone di un mockumentary trasformando una Napoli inedita in una città oscura. Qualcosa può accadere da un momento all'altro. Narrato come un diario, con didascalie che segnano quello che è accaduto nei giorni precedenti, Vitriol si muove, oltre che nella città partenopea, anche tra Portici, Torre Annunziata ed Ercolano.

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Lola è una laureanda di architettura che sta svolgendo una tesi sulle relazioni che ci sono tra le costruzioni e la simbologia massonica negli edifici del periodo borbonico. Quando viene trovato un oggetto fuori dal comune, la ragazza fa una serie di scoperte su l'Orrdine Osirideo Egizio la cui cultura è occultata da tempo.

Scritto da Giovanni Mazzitelli, Vitriol non riesce a combinare la struttura dell'inchiesta con le forme del thriller. Viene scelta infatti la strada più difficile, quello di un cinema che vuole collegare una simbologia che vorrebbe quasi elevarsi rispetto le versioni-base di Ron Howard dalla scrittura di Dan Brown (Il Codice da Vinci e Angeli e demoni) proprio per far vedere come invece, per mostrare l'universo esoterico, bisogna puntare a un cinema più elevato, infarcito di citazioni, di personaggi del passato che riprendono forma (es: Sannazzaro) o di rimandi cinefili da Il nome della rosa alla saga di Indiana Jones.

Vitriol si sofferma sui luoghi e sugli oggetti ma non fa avvertire quello che di inquietante può nascondersi dietro. Non si sente infatti mai nessuna apparizione oscura che può arrivare dal fuori-campo. E anche la buona idea di mostrare una Napoli diversa è vanificata da una rappresentazione degli eventi in cui si vogliono mettere dentro troppi elementi, accumulando dettagli decisivi (l'anello del professore) ad altri decisamente superflui (la fiamma del fornello del caffé). Inoltre alcuni dialoghi risultano appesantiti da rimandi troppo esibiti. Non c'è bisogno di tirare in ballo in quella maniera Jean Renoir per far vedere che si è visto La grande illusione. Forse ci sarà un seguito. Nel caso ci si sente di consigliare di seguire una maggiore leggerezza e di farsi guidare più dall'istinto che dalla testa. Rob Zombie insegna.

 

Regia: Francesco Afro De Falco

Interpreti: Roberta Astuti, Yuri Napoli, Stefano Jotti, Leonardo Binardi, Gabriella Cerino
Distribuzione: S.M.C.

Durata: 80’

Origine: Italia, 2012

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