Vivere, che rischio, di Michele Mellara e Alessandro Rossi

Oggi alle h 21 all’Apollo 11 di Roma gli autori presentano questo documentario su Cesare Maltoni, che racconta la personalità di un grande scienziato mescolando sapientemente pubblico e privato

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In una sera d’inverno del 2001 un oncologo settantenne ascolta Milva e il suo Sogno di libertà e fa il bilancio di una vita vissuta intensamente bruciando le tappe e precorrendo i tempi. È Cesare Maltoni, nato a Faenza nel 1930 e laureato in Medicina nell’anno accademico 1954-55 presso l’università di Bologna: la sua esperienza professionale si intreccia quasi subito con un carattere contraddittorio, sospeso tra slanci umanitari e improvvise chiusure solitarie. Dichiaratamente comunista e segretamente omosessuale, lo ascoltiamo attraverso la voce dell’attore ravennate Luigi Dadina, trasmettere all’interlocutore una passione travolgente e l’entusiasmo di chi ha mille progetti per la testa.
Maltoni ha portato a termine una serie impressionante di iniziative nel campo dell’Oncologia: dal 1966 il programma di screening sulla popolazione femminile per la diagnosi precoce dei tumori della mammella e del collo dell’utero; negli anni 70 e 80 gli studi in vivo per verificare il potere cancerogeno di alcune sostanze comunemente utilizzate dall’industria (il cloruro di vinile, l’amianto, il benzene e i suoi derivati) e infine nella seconda metà degli anni 90 la progettazione di un Hospice per malati terminali che sarà completato dopo la sua scomparsa.

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Il punto di forza del documentario di Mellara e Rossi è sapere alternare i momenti pubblici del grande medico con un privato molto movimentato che rivela una sensibilità fuori dal comune; il montaggio è rapido e per attirare l’attenzione dello spettatore si fa ricorso ad animazioni e grafici. La sensazione è che non vedremmo un professionista così scrupoloso, scientificamente rigoroso e dal grande profilo etico se non avessimo anche un amante appassionato e vorace, che spesso varca i limiti del consentito sfidando le regole del suo tempo. Al di là delle corrispondenze e gli incontri clandestini con il moroso di turno, è rivelatorio il modo in cui Maltoni visse l’assassinio di Pasolini nel novembre del 1975: una serie di giornali disposti sul grande tavolo, una sigaretta (lui non fumava) e un lunghissimo eloquente silenzio. In Italia una figura come quella di Maltoni viene fraintesa, isolata e infine osteggiata. Mentre in America gli studi dell’oncologo bolognese hanno una vasta cassa di risonanza (viene dimostrato un nesso causale tra la presenza di certi inquinanti ambientali e la insorgenza di neoplasie), in Italia il mondo accademico e imprenditoriale sembra prenderne le distanze. Con il passare del tempo il crescente contrasto con le grandi compagnie petrolifere causa a Maltoni una serie di difficoltà lavorative mentre i suoi esperimenti sono oggetto di continue critiche e verifiche. Lo scienziato e l’uomo convivono a volte con difficoltà: qualche scoppio d’ira, una testardaggine a volte esagerata, una vita sentimentale che non riesce a colmare un enorme vuoto affettivo. Risulta evidente in Maltoni la grande voglia di amare e di essere amato, riconosciuto, compreso.

Non a caso Luigi Dadina nel finale recita “A Quel Tempo”, una poesia di Tagore: “Uccelli di terre straniere venivano a nidificare certi anni nel nostro giardino. Erano già ripartiti quando avevo appena imparato a riconoscere la danza delle loro ali e tuttavia avevano recato una strana e deliziosa melodia dalle loro arcane foreste. Analogamente nel corso della vita un messaggero umano giunge talvolta da una terra forestiera, incrocia il nostro cammino e amplia i confini del nostro cuore. Giunge senza essere chiamato e quando, alla fine, lo invochiamo, non c’è più. Partendo, però, lascia sulla trama smorta del vivere un orlo di fiori ricamati e le notti e i giorni ne sono impreziositi per sempre”.
Il disco di Milva si interrompe, un cuore si ferma ma il sogno di libertà di Cesare Maltoni vola verso l’ alto nella magica traiettoria di un drone.
Prodotto da Mammut Film con il supporto dell’Istituto Ramazzini, distribuito da I Wonder Pictures e da Unipol Biografilm Collection, Vivere che rischio è un documentario obiettivo che ha l’onestà intellettuale di ricostruire la personalità di un grande scienziato mescolando sapientemente pubblico e privato, basandosi rigorosamente sui fatti e utilizzando del prezioso materiale d’archivio.

Regia: Michele Mellara, Alessandro Rossi
Distribuzione: I Wonder/Unipol Biografilm
Durata: 83′
Origine: Italia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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