"Vizio di famiglia", di Fred Schepisi

La superficie del cinema di Schepisi è incapace di deviare dalle linee della sempre studiatissima sceneggiatura, eppure affascinante nel richiamarsi alla vecchia commedia americana degli anni Cinquanta, con un pullulare impazzito di facce, volti, corpi, che di segnando di volta in volta possibili interazioni o mancate geometrie.

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C'è davvero aria di famiglia in quest'ultima opera di Fred Schepisi. Non soltanto però per la presenza congiunta dei due Doulas (Kirk e Michael), ma anche per la mescolanza di umori, passioni, rapporti che richiamano certamente un respiro finzionale, ma al tempo stesso un fraseggio sia pur controllato di traiettorie reali. E' questa la superficie del cinema di Schepisi, incapace di deviare dalle linee della sempre studiatissima sceneggiatura, eppure affascinante nel richiamarsi alla vecchia commedia americana degli anni Cinquanta, con un pullulare impazzito di facce, volti, corpi, che di segnando di volta in volta possibili interazioni o mancate geometrie. In Vizio di famiglia il regista americano non fa altro che incollarsi al volto rugoso di un sempre grande Douglas (tra le sue poche interpretazioni, negli ultimi dieci anni, il bellissimo Oscar di Landis, assieme a Sylvester Stallone), costruendo una messinscena puntuale e priva di sorprese (il monoset familiare, guardacaso, luogo d'elezione di un classico qui rispettato fedelmente), affollatissima di storie che si incrociano, sempre all'insegna della ripetizione della lontananza. In questo senso infatti il gruppo di famiglia in un interno ricreato in occasione di una riunione parentale funziona non tanto in sottrazione, ma proprio in accumulo, producendo sin dai momenti iniziali un effetto di sdoppiamento temporale vissuto sullo stesso corpo degli interpreti (l'incontro fra parenti mette infatti in moto un affresco generazionale complesso e stratificato) che cercano una comunicazione difficile da centrare. Schepisi dunque gioca proprio con questo contatto mancato (il rapporto tra Alex e Mitchell, ma anche tra quest'ultimo e suo nipote), facendo affiorare suggestioni nascoste che centralizzano la temporalità del racconto senza però mostrarla mai per intero (a differenza di quello che fa la bravissima Jodie Foster di A casa per le vacanze nella cui ultima sequenza mostra direttamente un filmato di repertorio con una delle chiavi temporali della vicenda familiare), ma appunto contenendola pudicamente nel non mostrato, nell'invisibile, di gran lunga la porzione di spazio (mancato) più interessante dell'opera. In questo frangente infatti Schepisi, anche quando si mette al servizio dell'attore (è il caso dell'interessante The Score con De Niro e Brando, ma anche dello stesso Creature selvagge ispirato ad una reale polifonia di movimenti), riesce quasi sempre a riscattare lo sguardo con momenti carichi di un'intensità spontanea e fuori programma. In Vizio di famiglia lo fa raccontando il (possibile) privato di padre e figlio, intrecciando realtà e finzione. Senza distinguerle mai.

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Titolo originale: It Ruins In the Family
Regia: Fred Schepisi
Sceneggiatura: Jesse Wigutow
Fotografia: Ian Baker
Montaggio: Kate Williams
Musiche: Paul Grabowsky
Scenografia: Patrizia Von Brandenstein
Costumi: Ellen Mirojnick
Interpreti: Micheal Douglas (Alex Gromberg), Kirk Douglas (Mitchell), Bernadette Peters (Rebecca Gromberg), Cameron Douglas (Asher Gromberg), Rory Culkin (Eli Gromberg), Diana Douglas (Evelyn Gromberg), Michelle Monaghan (Peg Maloney), Geoffrey Arend (Malik), Sarita Choudury (Suzie), Mark Hammer (Stephen Gromberg), Annie Golden (Deb), Irene Gorovaia (Abigail Staley), Marc Damon Johnson (Professor Edwards), Wynter Kullman (Katie)
Produzione: Further Films, Greenstreet Productions
Distribuzione: Buena Vista International Italia
Durata: 110'
Origine: USA, 2003

 

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