Come diversi film hanno già immaginato, Interstellar di Christopher Nolan o Ad Astra di James Gray ad esempio, anche Voyagers di Neil Burger racconta un futuro prossimo in cui la Terra non è più abitabile. E anche qui l’unica soluzione per permettere al genere umano di sopravvivere è quella di trovarne un’altra di Terra, esplorando e colonizzando il vasto Spazio infinito. Iniziare tutto da capo, partendo da una generazione nuova e incontaminata spedita nell’universo. Ragazzi vergini di una qualsiasi esperienza di vita sul nostro pianeta, a cui viene anche somministrato, a loro insaputa, un liquido che ha lo scopo di lasciarli incorrotti, inibendone i sensi e frenandone pulsioni e passioni. Il regista di The Illusionist, Limitless e Divergent dirige dunque questo sci-fi, dove a parte Colin Farrell, padre putativo dei ragazzi, il resto del cast è composto da giovanissimi e capitanato da Tye Sheridan, Lily-Rose Deep e Fionn Whitehead.

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Unica speranza per la sopravvivenza del genere umano, i ragazzi vivono su un’astronave asettica, nutrendo solo la mente e dimenticando l’esistenza del corpo, se non quando legata ai bisogni primari. Ecco quindi che alla base della sceneggiatura di Voyagers vi è la questione spesso affrontata dell’incontrollabilità degli istinti umani, dell’irrazionale di contro a ciò che è razionale, del controllo sul caos che non sfugge mai del tutto alle derive della umana natura: dall’inspiegabile passione amorosa agli impulsi più violenti come la rabbia, la violenza e l’omicidio. Voyagers dunque, senza particolare originalità, si rifà a molti altri racconti precedenti, primo fra tutti ovviamente Il signore delle mosche di William Golding. Insomma un film che, mescolando molteplici narrazioni a lui precedenti, risulta essere qualcosa di già visto, soprattutto nel suo tentativo di spaventare, laddove l’insidia è sì sempre dietro l’angolo ma rimane immobile, senza mai stupirci né sopraffarci. E anche analizzando le dinamiche di potere, Voyagers le sfiora a malapena, limitandosi a banalizzarle con personaggi stereotipati, come il buon e valoroso Christopher, la saggia e determinata Sela e il cattivo dittatore Zac.

E in fondo è un peccato, perché Voyagers ha dei punti a favore, primo fra tutti l’idea della disinibizione chimica dei sensi e la conseguente rinascita e riscoperta di quest’ultimi. Proprio questo permetterebbe alle immagini, con più coraggio da parte di Burger, di schiudersi in visioni infinite ed estatiche, aperture a vedute lisergiche, quasi come fosse il Climax di Gaspar Noé. Burger decide di mettere in scena il montare dei sensi usando immagini di repertorio, come fiori che sbocciano o fiamme che divampano. Il che, ancora una volta potrebbe essere uno spunto interessante: l’uso di immagini stock della Terra con cui, come la bella Leeloo de Il quinto elemento, i ragazzi, veri e proprio alieni, imparano cos’è la vita. Ma di fatto anche questo finisce per essere solo accennato e meramente didascalico, senza nutrirci né tanto meno smuoverci.

Titolo originale: id.
Regia: Neil Burger
Interpreti: Colin Farrell, Tye Sheridan, Isaac Hempstead Wright, Lily-Rose Depp, Viveik Kalra, Fionn Whitehead, Archie Renaux, Chanté Adams, Madison Hu, Quintessa Swindell, Veronica Falcón, Rafi Wilder, Archie Madekwe, Reda Elazouar
Distribuzione: Universal
Durata: 108′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi

2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori

3.07 (14 voti)

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