"Vuoti a rendere", di Jan Sverak

Vuoti a rendere

Sentimentale, ironico e commovente ritratto della (stra)ordinaria quotidianità di un 60enne di Praga innamorato della vita, alle prese con una famiglia da riciclare, incessanti fantasie erotiche e la ricerca di un nuovo impiego. Una commedia dai toni vivaci e solari, vincitrice del Premio del Pubblico e della Miglior Sceneggiatura all’edizione 2007 del Karlovy Vary International Film Festival e record assoluto di incassi nella storia della Repubblica Ceca.

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Vuoti a rendere

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Accortosi di non essere più al passo con i tempi, Josef, affascinante e attempato professore di letteratura ceca, decide di ritirarsi dall’insegnamento: ma non è la pensione che ha in mente, quanto trovare un nuovo lavoro. Dopo alcuni improbabili tentativi, mirati per lo più a trascorrere la giornata lontano da casa e dalla moglie Eliska, trova impiego presso il bancone di resa delle bottiglie di un supermercato: è l’occasione giusta per dimostrare quanto ha ancora da dare agli altri, compresi i cari che lo circondano.
Strappa il sorriso e qualche lacrima, il capitolo conclusivo della trilogia iniziata nel ’92 con Scuola elementare e proseguita con il premio Oscar Kolya,dedicato ognuno ad una differente età della vita, succoso frutto del sodalizio creativo del regista Jan Sverak col padre Zdenek, sceneggiatore ed interprete principale del film. Il privilegio di essersi potuto cucire il ruolo addosso, fa sì che la pellicola risulti interamente centrata sul sentire del protagonista, in un’empatia pressoché totale del pubblico con il personaggio. Nel suo girovagare in bicicletta per le strade di Praga o nello scrutare curioso nelle vite altrui, pare quasi di rivedere la parigina Amelie: proprio come lei, Josef non cede al grigiore della routine quotidiana, che colora di gentilezza e altruismo, reinventandosi continuamente in un rifiuto totale dell’etichetta di “vecchio” che la società tenta di apporgli. Nasce da questo contrasto un’ironia genuina, che si nutre proprio del conflitto tra un mondo sempre più tecnologico e la semplicità d’altri tempi del protagonista: donnaiolo impenitente capace di ingraziarsi chiunque, nonchè di donare nuova vita a chi lo circonda.
Cattura e coinvolge in maniera stupefacente questa favola della terza età, come solo un incanto sa fare: non importa quanti anni abbia chi la ascolta, a patto di lasciarsi andare ad una tenerezza sconfinata, alla contemplazione mai triste di un’immagine che resta pur sempre quella di una vecchia foto sbiadita, destinata a scolorire sotto agli attacchi del tempo. Qui la morte aleggia come una polvere sottile, che non sommerge, ma si deposita pian piano nelle gioie e nei dolori di ogni giorno, nella confortante (im)prevedibilità di un matrimonio di lunga data, e lo fa nel modo più dolce. Una tale delicatezza è forse insita nella genesi stessa del film, che doveva progredire passo a passo con un documentario intitolato Tatinek (Papà) che ne seguisse il processo creativo, bruscamente interrotto (la scena finale è il commiato dello sceneggiatore dagli altri attori principali) a causa di una impasse del regista.

 
Titolo originale: Empties
Regia: Jan Sverak
Interpreti: zdenek Sverak, Daniela Kolarova, Tatiana Vilhelmova, Robin Soudek, Jiri Machacek
Distribuzione: Fandango
Durata: 103’
Origine: Repubblica Ceca, Gran Bretagna 2007
 
 

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