W for Welles – Il mago e l’illusionista

Centenario della nascita, trentennale della morte. Non una festa come per Truffaut l’anno scorso ma uno speciale tutto d’istinto. Per catturare insieme la sua anima sinistra, diabolica e fiabesca

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Non è una festa fatta con il cuore come quella dell’anno scorso per François Truffaut. Ma quest’anno volevamo fare una cosa simile, anche se diversa, per Orson Welles. Certo, siamo stati decisi fino all’ultimo se poteva servire. Soprattutto nei confronti di un cineasta che si è studiato in tutti i suoi aspetti. Si, nel 2015 c’è una doppia ricorrenza: il centenario della nascita (6 maggio 2015) e il trentennale della morte (10 ottobre 1985).

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Però, che senso ha uno speciale di Sentieri Selvaggi su Orson Welles? Innanzitutto si cercherà di spogliarlo di quell’aura accademica e passare oltre quegli esami universitari dove ci inculcavano in testa che Quarto potere era il più bel film della storia del cinema (anche se poi qualche anno fa è stato sorpassato da Vertigo), di toglierlo da quei musei dove studiosi e storici del cinema l’hanno ingiustamente relegato.

Photo Credit: Courtesy of the Academy of Motion Pictures Arts and SciencesForse bisognerà ripartire da André Bazin. Per mostrarne la modernità (al di là del saggio sul piano sequenza e la profondità di campo su Che cos’è il cinema?) su come lo spazio, sotto il suo sguardo, potresse diventare elastico. Allungarsi e rimpicciolirsi. Più che inquadrare azioni contemporaneamente, era invece un gioco di magico illusionismo alla Méliès. Ecco qui sta il cuore di questo W for Welles. Orson come magnifico falsario (F for Fake, il suo ultimo film, ne è l’emblema), mago inquietante, con il suo corpo che ad un certo punto poteva ingrandirsi e mangiarsi quasi tutto lo spazio dell’inquadratura. Da Kane di Quarto potere al marinario Michaeal O’Hara di La signora di Shanghai, dal suo Otello, fino al capitano della polizia Quinlan, fino ad Harry Lime, pura vera ombra cinematografica in Il terzo uomo.

Ecco il corpo Welles era un effetto speciale prima del digitale, aveva dentro qualcosa di sinistro, diabolico e fiabesco. Chissà se Walt Disney ha mai pensato a lui.

orson welles e pier paolo pasoliniIn questo viaggio, ci sarà meno cuore rispetto a François Truffaut ma non ci sarà neanche un po’ di ragione per un nuovo, inutile studio, sulla sua grandezza o, al contrario, di fare i provocatori a tutti i costi per cercare di ridimensionarlo. Niente di tutto questo. Non ce ne frega niente. Sarà invece un viaggio tutto d’istinto, in cui recuperiamo i 12 lungometraggi da regista, quelli finiti (siamo sicuri che un film di Welles sia finito?) ma anche i lavori incompiuti, le sue interpretazioni come attore. Poi radio, tv, la sua guerra contro Hollywood e soprattutto cosa ha lasciato in eredità al cinema contemporaneo. Anche se quello di oggi è più moderno del suo? Per Bazin il cinema moderno iniziava con Quarto potere. Lui, il più grande studioso della sua opera, non lo amava tutto. Non gli piaceva, ad esempio, Lo straniero e il figlio spirituale François Truffaut si ribellava al padre quando lo accusava, citando il caso Welles, di favorire la politica delle opere rispetto a quella degli autori. Per Welles può essere adatta oppure no. Ognuno si porta dentro il proprio film (personalmente amo alla follia L’orgoglio degli Amberson), dove sente vicino l’impresa titanica e insieme l’estasi del fallimento. Prima di lui von Stroheim, dopo James Cameron. Buon viaggio.

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