White Snake, di Amp Wong e Zhao Ji

Adattata per la prima volta in versione animata, la leggenda del Serpente Bianco procede tra lotte, canti, magia e oscurità per parlare di amore verso qualcosa di diverso. Al Fescaaal su MyMovies

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Una magia di colori, un viaggio nel tempo, un amore pronto ad affrontare ogni ostacolo, a lottare per non lasciarsi sfuggire un sogno, più forte delle differenze. Blanca è il demone del Serpente Bianco, dall’aspetto angelico, depositaria di una grande forza, che dopo un combattimento finisce per perdere la memoria di sé stessa. A salvarla dal pericolo è un umano, Xuan, appartenente ad una tribù di suoi acerrimi nemici, quella dei cacciatori di serpenti, una popolazione costretta a cacciare per soddisfare le ambizioni di potere di un fantomatico generale. White Snake prende spunto da uno dei quattro grandi racconti popolari cinesi, conosciuto da tutti, “La leggenda del serpente bianco”, pubblicato per la prima volta nel 1624, ridotto in una versione semplificata per avvicinare un pubblico giovanile.

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La prima parte del film vive su uno smarrimento, il vuoto ed il timore del passato trasformano il presente in una leggerezza, i sentimenti si muovono secondo le regole dell’attrazione e dell’imbarazzo, le iniziali diffidenze e poi la fiducia, e le tavole animate si riempiono di paesaggi meravigliosi e canti, di parole dolci e rassicuranti. Il bisogno di ritrovarsi di Blanca è un cammino su un sentiero affascinante e pericoloso, una strada sulla quale la ragazza ritroverà sua sorella Verta, tornata a cercarla per riportarla a casa prima della battaglia decisiva ed assolverla dalle accuse di tradimento di cui viene sospettata. Superato questo percorso iniziatico nel ricordo, dove sboccia qualcosa di inaspettato e di speciale, l’amore, la seconda parte lascia spazio ad una trama sbilanciata verso l’azione, fatta di battaglie spettacolari combattute tra esseri misteriosi, dotati di magia, animali (cicogne, volpi, cani) dall’aspetto mutaforme e forza straordinaria, oscurità e magia. Anche le atmosfere cambiano decisamente tono ed i colori diventano freddi, insieme ai suoni di guerra, quasi il procedere fosse legato ad un vero e proprio cambio stagionale, con la bufera dopo la bonaccia. A ben vedere la posizione dell’uomo in tali diatribe è piuttosto defilata, la storia si muove su un piano divergente, ed il destino che lo attende fuori dalla sua portata diretta, pilotato da entità superiori, un approccio fatalista con radici profonde in ambito culturale e religioso.

L’intento mainstream sembra evidente, come confessano i due registi alle prese con il loro primo lungometraggio, ma la struttura non rinuncia di certo al ricorso ad un bagaglio di segni e simboli tradizionali, ad esempio al Libro dei Mutamenti, conosciuto come I Ching, elementi spesso estranei ma comunque di respiro universale.

Nel complesso la sceneggiatura presenta delle imprecisioni, piccoli dettagli fuori posto, non abbastanza per pregiudicare la spontaneità della vena creativa, lontana dai meccanismi perfetti dei cartoni hollywoodiani. Una distanza rintracciabile negli stessi personaggi dai tratti indefiniti oltre un semplice lato in ombra, sottratti all’idea di classificazione e volontariamente circondati di una nube di ambiguità. Lo stesso tema centrale, è possibile amare qualcosa di diverso da noi?, ha carattere ondivago, pulsa in maniera discontinua, vive di salti quantici emotivi, sceglie di radicalizzare le relazioni in un orbita di potere invece di insistere sul nucleo per ribadire il concetto. La vera attrazione resta la fantasia sfrenata, poco disposta ai compromessi ed indice supremo di libertà, marchiata da gesto irresponsabile, camuffata, brandizzata, irraggiungibile e spietata nel distruggere le catene, in prima linea ad abbattere tiranni di natura tirrena o divina.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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