Wolf Call – Minaccia in alto mare, di Antonin Baudry

Interessante il tentativo di portare un film francese alla qualità tecnica di un blockbuster hollywoodiano. Al suo primo lungometraggio Baudry riesce a costruire un film ad alta tensione

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Se solitamente l’ambientazione in un sottomarino può essere associabile al cinema statunitense, stavolta ci troviamo di fronte a un film di produzione francese. L’angusto interno del sottomarino è lo spazio in cui si svolge gran parte dell’azione. Chanteraide (François Civil) è un sommergibilista addetto all’ascolto e all’interpretazione del segnale acustico. Un segnale di difficile interpretazione lo mette a dura prova. Non lo ha mai sentito prima, sembra un sottomarino a quattro eliche, ma a quelle profondità dovrebbe essere impossibile. Potrebbe anche essere un capodoglio di grosse dimensioni, che emette un segnale acustico molto simile. Pressato dal comandante Grandchamp (Reda Kateb), che si fida ciecamente di lui, identificherà il suono come il rumore di un capodoglio. La sua esitazione rivelerà la posizione del sottomarino ai radar nemici, che daranno il via a un attacco a cui bisogna rispondere con l’artiglieria pesante.

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Interessante il tentativo di portare un film francese alla qualità tecnica di un blockbuster hollywoodiano. Al suo primo lungometraggio il regista Antonin Baudry riesce a costruire un film ad alta tensione e dimostra, da ex diplomatico, di conoscere bene i rapporti gerarchici tra chi impartisce e chi esegue gli ordini. Quello che si crea nel sottomarino è un vero e proprio microcosmo della società in cui le situazioni e le emozioni sono spinte al limite e spesso riguardano questioni di vita e di morte. La situazione si evolverà, Chanteraide verrà sospeso dal suo incarico e Grandchamp verrà messo al comando di un sottomarino nucleare lanciamissili balistici, ovvero un sottomarino in grado di lanciare ordigni nucleari. Solo il presidente della repubblica può dare l’ordine e, se confermato, non esiste una procedura di annullamento. Sarà in ballo la salvezza dell’umanità.

Ed è proprio qui che il film smette di funzionare. Il rapporto di amicizia, rispetto e ammirazione reciproca costruito ottimamente nella prima metà del film viene abbandonato in favore di una prevedibile trama da blockbuster hollywoodiano con una posta in gioco esageratamente alta. Anche l’aspetto sonoro viene completamente abbandonato. Sembrava davvero poter essere il punto di forza del film, con Chanteraide che attraverso le analisi dello spettro sonoro riesce a svelare la provenienza di quel suono indecifrabile che lo ossessiona anche nella vita quotidiana. Il prevedibile rapporto che si viene a creare  tra il protagonista e il personaggio femminile (Paula Beer) che gli cambierà la vita contribuisce a banalizzare una pellicola che sembrava essere partita col piede giusto. Wolf Call – Minaccia in alto mare non è un film riuscitissimo, ma va comunque apprezzata l’abilità in alcune scene di costruire un’atmosfera tesa e claustrofobica e il cast, in cui spiccano Omar Sy, Mathieu Kassovitz e Reda Kateb.

Titolo originale: Le chant du loup
Regia: Antonin Baudry
Interpreti: François Civil, Reda Kateb, Omar Sy, Mathieu Kassovitz, Paula Beer, Alexis Michalik, Jean-Yves Berteloot, Damien Bonnard
Distribuzione: Adler Entertainent
Durata: 115′
Origine: Francia, 2019

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