X, di Ti West

Uno slasher movie sulle paure di un Paese che cambia in fretta. Attraversato da atmosfere inquietanti, passione e frustrazione, e la paura di specchiarsi e vedere un mostro. On demand

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Con il ritorno di Ti West al lungometraggio è stato realizzato un omaggio al periodo d’oro del genere horror, che abbraccia gli anni 70/80. Quello riuscito nel tempo a conquistare gli adepti ad uno stile riconoscibile per il suo supporto politico evidente ed un portato di violenza incontrollata. In fondo un grido di protesta contro il mondo, iniquo, distratto, vanitoso, ipocrita. Entrato già in quel processo di accelerazione e di spinta destinato a decollare verso l’attuale turbocapitalismo, finito in un vortice di narrazione della realtà già invadente e largamente manipolata dai media ad uso e consumo dei potenti. Ed il regista statunitense non lascia cadere l’occasione per toccare ogni punto dell’incoerenza di un Paese spinto più di ogni altro da un’ambizione dilaniante, che impone di credere alla favola del sogno americano quasi fosse parte di un codice genetico illusorio, precipitata invece dopo il risveglio nella strage.
Il mondo onirico di Ti West è popolato da predicatori invasati, cialtroni e dilettanti in cerca di fortuna, mossi da un unico dio, il denaro. Stacca un foglietto dal calendario per farci sapere una data, il 1979, e rintracciare il filo conduttore di una storia immaginata sopra le crepe manifeste delle ideologie religiose e secolari. Dal grido di protesta studentesca con il suo bisogno sfrenato di libertà sessuale, ai reduci di una guerra, quella del Vietnam, presa da riferimento ad indicare le conseguenze nefaste di un conflitto sulla salute delle persone e della società. O come in questo caso sbandierata con il suo significato d’appartenenza ad un corpo e soggetta ad alterne fortune.

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Un gruppo di persone, ragazze e ragazzi, arrivano in una fattoria isolata per girare un film porno d’autore. Qualcosa andrà storto, si respira nell’aria un odore malefico di morte e putrefazione, qualcosa respira nel fiume, affamato di carne e sangue. Sotto la patina trasgressiva dell’orgia c’è il riflesso del puritanesimo, la morale pubblica messa a repentaglio dal piacere, repressione e frustrazione, desiderio e rottura. Nei valori manifesti dell’epoca c’è lo stesso quadro inquietante del contemporaneo, e la paura del diverso, il razzismo, l’invidia, il rimpianto sono i colori utilizzati per comporlo. Star del film, sia del vero che del fasullo, è Mia Goth, tornata alle atmosfere cupe adatte a lei, come dimostrano le apparizioni malsane con Von Trier in Nymphomaniac o per Verbinski in La cura del benessere, dove interpreta Hannah, un corpo sospeso tra l’essere ed il nulla, dopo la parentesi poco convincente di Emma.

Nel film di West, nel quale interpreta un doppio ruolo, lascia cadere la veste eterea per Maxine, polso ribelle e nervi scoperti, figlia diseredata e spirito indomito, bellissima e sensuale, cinica e crudele, carene e sangue, per poi ritrovarla in quella di Pearl, l’anziana proprietaria della fattoria, fragile ed assente al pari di un fantasma liquefatto, guscio repellente di un peccato lontano nel tempo ma portato come un marchio maledetto, invecchiata e sfigurata da un makeup di dodici ore. Proprio Pearl sarà l’unica protagonista del prossimo film di Ti West, prequel già in postproduzione e girato in contemporanea ad X insieme alla Goth in Nuova Zelanda, il secondo di quella che potrebbe diventare stando ai rumors una trilogia. L’odio ed il rancore della vecchiaia, la nostalgia malata del ricordo della gioventù, rivissuta in tutta la sua irruenza, apre però anche un altro interrogativo su una memoria resa incapace di ricordare e girata a guardare al passato soltanto per avanzare dei diritti, mai preoccupata di capire. Due lati contigui diventati inconciliabili sul confine di un mondo ossessionato ormai dall’aspetto fisico.

In questo slasher movie il regista sembra convogliare delle scelte già adoperate per The Sacrament e per In a Valley of violence, dove prepara accuratamente il terreno prima della carneficina, e lascia praticamente la stessa struttura temporale costruita su poche ore sufficienti a provocare una carneficina. Le parole seminate sono parole di condanna, suonano minacciose, nascondono angoli della mente poco illuminati, soggiogati dall’adorazione del male. Forse una mancanza d’amore, sempre lontano anche quando si può toccare con la mano, sempre perduto in una vecchia fotografia o dimenticato solo per fare dispetto al dolore. Scambiato con qualcos’altro, confuso dai sensi eccitati, maschera annoiata soltanto per anime vili e increspato di malinconia, come il mare. Dove lanciare uno sguardo all’infinito rischiando di perdere il senno tra volere e potere.

Titolo originale: id.
Regia: Ti West
Interpreti: Mia Goth, Jenna Ortega, Martin Henderson, Brittany Snow, Owen Campbell, Stephen Ure, Scott Mescudi
Distribuzione: A24

Durata: 106′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
4 (3 voti)
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