"X-Men – L'inizio", di Matthew Vaughn


Un intreccio, quello tra storia e mito attraverso il filtro della cultura popolare e dei media, tra discorsi di Kennedy alla nazione e uno stile che ricorda i film di spionaggio anni '60. Ma arrivati a circa metà film, si vira verso un'altra dimensione. Più che mutanti, questi X-Men sono degli umani con le loro colpe, sentimenti e sbagli ed è proprio grazie a questo aspetto che Vaughn riesce a fondare il mito di X-Men.

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X-Men - L'inizio (James McAvoy e Michael Fassbender)Stavolta i supereroi li ha presi sul serio. Dopo l'irriverente Kick-Ass, Matthew Vaughn torna dietro la macchina da presa nel film che va a sondare le origini di una saga prolifica come quella di X-Men.  Si parte da lontano, dal 1944, quando in parti del mondo diverse due ragazzini sono alle prese con i loro poteri: da una parte il ricco Charles Xavier, telepate che incontra per la prima volta una piccola Raven/Mystica; dall'altra, in un campo di concentramento in Polonia, Erik Lehnsherr viene traumaticamente separato dalla madre, poi uccisa davanti ai suoi occhi da un perfido professore (un Kevin Bacon che mai come in questa sequenza riesce a convincerci con il suo personaggio) che intende sfruttare i suoi magnetici poteri. Sono proprio questi primi dieci minuti a rivelarsi estremamente importanti e a darci la chiave che ci permetterà di capire il resto del film e dell'evoluzione dei personaggi. Due visioni del mondo diverse, due persone che hanno percorso strade opposte, ma che, inevitabilmente, sono destinate a incontrarsi e scontrarsi. Ed è facendo un salto nel 1962 che i vari destini iniziano a incrociarsi: ora professore di genetica, Xavier viene contattato dall'agente della CIA Moira MacTaggert, sulle tracce di Sebastian Shaw, ovvero quello stesso professore nazista della prima sequenza, ricercato anche da Erik, assetato di vendetta e già assassino di altri gerarchi nazisti, in una serie di brevi scene che a tratti ricordano il Bastardi senza gloria, di cui il camaleontico Fassbender ha già fatto parte. Grazie a questo comune obiettivo, i mutanti uniranno le loro forze in una lotta che s'intreccia strettamente con la storia americana e la crisi della Baia dei Porci.
Un intreccio, quello tra storia e mito, che caratterizza ampiamente il film di Vaughn, inserendosi nel percorso tracciato dallo Zack Snyder di Watchmen. Proprio come lui, Vaughn riesce a inquadrare a perfezione il periodo storico, ma lo fa attraverso il filtro della cultura popolare e dei media, in particolare la TV e il cinema. Se la prima diventa un referente diretto, uno strumento, attraverso i vari discorsi di Kennedy alla nazione mostrati durante il corso del film, il cinema si pone, invece, come forte matrice stilistica, in

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particolare nella prima parte della pellicola, in cui si balza velocemente tra un luogo e l'altro del mondo, andando a tessere una trama sempre più fitta tra i vari personaggi. Vaughn guarda con attenzione ai film di spionaggio anni '60, primo fra tutti James Bond, e riesce a far propria la lezione, applicandola a un universo del tutto distante come quello dei fumetti. Il veloce montaggio, gli split screen, un caratteristico umorismo e i titoli di coda da cui ci si aspetta davvero di scorgere la silhouette di 007 rimandano palesemente a questo mondo. Ma arrivati a circa metà film, si vira verso un'altra dimensione. Ed è allora che tornano in mente quei primi dieci minuti. Assemblata la banda di X-Men e chiarito l'obiettivo da far fuori, il film si focalizza maggiormente sulla psicologia dei personaggi, in particolare nel rapporto tra Charles ed Erik, ancora alleati, andando a prefigurare la rivalità tra i due. Il regista, allora, anche nelle sequenze maggiormente pirotecniche e hollywoodiane (come ogni film di supereroi che si rispetti), si focalizza su loro due, sui loro volti, andando spesso a fare di loro una cosa sola grazie alla sovrapposizione di suono e immagine. Tra di loro c'è un filo che li lega, ma sin dall'inizio si riesce a intravedere lo scontro, anche grazie all'interpretazione dei due attori. Una diversa concezione del mondo, dicevamo prima, e sarà proprio questa a portarli su due fronti diversi: Xavier con la sua fiducia negli umani ed Erik con le sue idee di sopraffazione di una razza sull'altra. Più che mutanti, questi X-Men sono degli umani con le loro colpe, sentimenti e sbagli ed è proprio grazie a questo aspetto che Vaughn riesce a fondare il mito di X-Men, andando a spiegare legami ed eventi che lo spettatore già conosce dalla visione degli altri film o dalla lettura dei fumetti. Alla fine, però, non c'è più spazio per l'umanità. La trasformazione è compiuta e davanti a noi abbiamo esseri che, come quel Jekyll e Hyde di Stevenson tanto citato, vivono in una zona grigia.   

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Titolo originale: X-Men: First Class

Regia: Matthew Vaughn

Interpreti: James McAvoy, Michael Fassbender, Rose Byrne, Jennifer Lawrence, Nicholas Hoult, Lucas Till, Kevin Bacon, January Jones

Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 132'

Origine: USA, 2011

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