xXx – Il ritorno di Xander Cage, di D.J. Caruso

Vin Diesel produttore frulla nella stessa sequenza Hong Kong, Telugu, Bangkok e i prodotti corali serializzati che piacciono agli adolescenti dell’Impero USA. Caruso però non ci capisce nulla

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L’incipit è folgorante, con questa comunità meticcia che incita e saluta Xander Cage mentre l’eroe compie una dozzina di stunt mirabolanti con un paio di scii e uno skateboard tra i colli e le strade tortuose di Santo Domingo, quasi fosse il pubblico ai lati della volata di un ciclista impegnato in una fuga per portare al sicuro quella che sembra una scatoletta elettronica di importanza capitale: come scopriremo di lì a poco, serve in realtà a collegare tutti i televisori dello slum alla diretta satellitare di una partita di calcio giusto al momento del fischio d’inizio. Il popolo esulta per la riappropriazione proletaria operata da Xander, ed eccolo qui, Vin Diesel, l’unico corpo possibile per un action globalizzato, incarnazione multietnica glorificata dell’organismo transgenetico del genere negli anni (duemila)dieci.
Il primo xXx (2002) partiva da un’intuizione straordinaria, quella di cercare i nuovi agenti multinazionali tra i fanatici dello sport estremo, del flash mob spacconesco, tra gli stuntmen clandestini della sottocultura dell’impresa sovrumana e potenzialmente mortale. Da sempre i personaggi di Vin Diesel si ergono a paladini della contaminazione tra le frontiere, delle zone di confine: la rinascita del protagonista di xXx, seconda creatura della collaborazione con Rob Cohen subito dopo il Toretto disegnato l’anno prima, racconta come l’intuizione inconsapevole che ha animato la filmografia dell’attore sia giunta oggi ad essere lo stato delle cose.

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In questo più della presenza di Donnie Yen è forse cruciale quella della star tailandese Tony Jaa, dal momento in cui l’invenzione del blockbuster centrifugato tailandese è probabilmente la punta più estrema del genere dinamitardo ai giorni nostri (lo capisce subito uno sempre svelto come John Stockwell che gira il suo nuovo Kickboxer alla maniera del compianto Panna Rittikrai, con la moviola in campo), in qualche modo anche più del modello-Tollywood che è chiaramente – basti pensare all’inseguimento motociclistico sulle big waves dell’oceano – il prototipo della struttura del film di D.J. Caruso (come altrettanto evidentemente ispirava le iperboli del disastro di Deadpool, in questo senso un’opera piuttosto vicina a questa seppure a salve).
Vin Diesel, il produttore, sa bene che l’unico spettacolo ancora in grado di sopravvivere è

xxx_donnieyenquello accessibile a tutte le genti del pianeta allo stesso momento (in questo Il ritorno di Xander Cage è un azzardo anche più grande dei Fast & Furious, che si limitano a tentare di tenere insieme tutte le comunità di spettatori possibili d’America), e dunque cerca utopicamente di frullare nella stessa sequenza action Hong Kong, Telugu (la supermodella Deepika Padukone), Bangkok e i prodotti corali serializzati che piacciono agli adolescenti dell’Impero.

Peccato che per tutto il film D.J. Caruso non ci capisca mai nulla (com’era successo solo al Kassovitz di Babylon AD), continuamente indeciso tra l’aumentare i poteri dei corpi messi in campo con perdite di gravità e potenziamenti d’armamentario multiplayer degni quasi del Paul WS Anderson meno ispirato, e istanti in cui per un attimo lo sguardo del regista si allinea al peso della fisica delle azioni di Diesel e di Donnie, che ad una dimensione d’ebollizione ci sanno giungere costantemente e senza bisogno del carico pesante dei trucchetti di Caruso.
E’ così che Donnie Yen guadagna la sua possibilità di proseguire la beneamata tradizione delle divinità hongkonghesi in missione ad Hollywood, con la precisione letale del gesto che sempre gli conosciamo: e quel salto con rincorsa da distanza impossibile dal tetto di un palazzo alla finestra di quello affianco, con cui il suo personaggio entra nel film, all’appassionato non può che parlare la lingua di una sequenza sostanzialmente gemella del Jackie Chan di Terremoto nel Bronx. Ecco, a dire della distanza abissale tra il cinema nell’era di Stanley Tong e quello dell’epoca-Caruso è che all’attenzione di Tong per la performance atletica live di Jackie si è sostituito il grafico con cui la spalla comica sexy-nerd di Nina Dobrev razionalizza le coordinate xy del volo di Donnie.

 

Titolo originale: xXx: The Return of Xander Cage
Regia: D.J. Caruso
Interpreti: Vin Diesel, Samuel L. Jackson, Nina Dobrev, Ruby Rose, Toni Collette, Donnie Yen, Rory McCann, Kris Wu, Tony Jaa, Deepika Padukone, Nina Dobrev
Origine: USA, 2016
Distribuzione: Universal
Durata: 107′

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