YOUNGABOUT FILM FEST – Forgotten Fruit, l'adolescenza dimenticata

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A Bologna la terza edizione di un festival pensato per gli adolescenti che da quest’anno entrano anche a far parte dell’organizzazione della manifestazione. Tra i tanti cortometraggi in concorso spiccano i due lunghi “How To Survive Myself ?” della regista norvegese Nicole Van Kilsdonk e l’intenso Forbidden Fruit del cipriota/finlandese Thomas "Dome" Karukoski un’opera che scuote e dissesta con dolcezza che fa germogliare con attenzione e cura la fragile pianta dei sentimenti della prima giovinezza

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how_to_survive_myselfSi è aperta a Bologna la terza edizione delllo Youngabout International Film Fest, un festival pensato per gli adolescenti che da quest’anno entrano anche a far parte dell’organizzazione della manifestazione; giovani non classificabili così facilmente come i media sono soliti fare e intenzionati a conquistarsi uno spazio nella vita culturale  del loro tempo con l’impegno e la condivisione di responsabilità e di piaceri. Primo tra tutti il piacere di esplorare il giardino fuori casa per conoscere chi è diverso, chi parla un linguaggio sconosciuto, chi potrebbe essere il prossimo buon amico. Giovani nell’organizzazione e giovani in gara: molti infatti sono i cortometraggi che partecipano alle tre sezioni di concorso del festival e che vedono la presenza di opere nate nelle scuole di tutt’italia e provenienti dall’estero. Nella prima tornata dei piccoli film visti ieri i temi sono tanti e ben interpretati, ma uno su tutti pare emergere con evidenza, quello delle diversità. Diversità nel sociale e nel personale. Diversità che stimolano la curiosità degli adolescenti e determinano invece chiusura negli adulti, pronti sì all’ascolto, ma sempre tardivamente, sempre a pentirsi di non essere più capaci di far vibrare le corde arrugginite dei sentimenti più semplici. Ottimo il livello della narrazione di ogni opera presentata e in crescita anche il livello tecnico che nella sezione professionisti tocca punte di vera eccellenza in due dei più interessanti corti provenienti dalla Spagna.

Spostando lo sguardo sui film in rassegna abbiamo avuto il piacere di incontrare un film norvegese dedicato a tutte le problematiche dei teenagers incarnate nella simpatica Rose, una tredicenne alle prese con il divorzio dei genitori, l’inserimento in una nuova scuola, i mutamenti del proprio corpo e la scoperta dell’amore. Ci sarebbero abbastanza conflitti per una stagione televisiva in questo
“How To Survive Myself ?della regista norvegese Nicole Van Kilsdonk, che da brava educatrice-lampo si trasforma in buona mamma/autrice hip hop ed elargisce consigli rapidi ed efficaci per superare i difficili luoghi comuni dell’adolescenza con voglia di divertirsi e divertire il suo pubblico di tredicenni assetati di soluzioni da copiare nel prossimo compito in classe che la vita proporrà.

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Ad un pubblico più adulto è rivolto l’intenso Forbidden Fruit del cipriota/finlandese Thomas "Dome" Karukoski che si impegna nell’espolorazione di un conflitto dimenticato – una di quelle guerre periferiche di cui l’eco giunge appena sui media- che vede una coppia di ragazze adolescenti duellare corpo a corpo con il concetto di peccato. Le immagini di una Finlandia chiara e apparentemente serena si mescolano alle fluttuanti atmosfere interiori delle giovani appartenenti ad una setta cristiana fondamentalista, che in partenza per la città, ricevono tormentose raccomandazioni su quel luogo di pericoli e pieno di insidie operate dall’Arcinemico, Satana. Naturalmente le prove saranno dure da superare e solo una delle ragazze, la più timida, troverà la giusta risposta alle domande che più profondamente risuonano in lei – chi sono io e cosa voglio essere? – per intraprendere infne il viaggio verso una nuova se stessa. E’ un film toccante questo di Karukoski, un’opera che non brilla per l’originalità del tema o del percorso narrativo, ma che scuote e dissesta con dolcezza, che apre falle nel cemento, che fa germogliare con attenzione e cura la fragile pianta dei sentimenti della prima giovinezza e porta tutti gli spettatori, giovani e adulti, a riscoprire l’esistenza di una narrazione che non tradisce le silenziose voci degli adolescenti, voci da molto tempo inascoltate in Italia, da troppo tempo dimenticate.

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    Un commento

    • Antonio Migliore

      Grazie per la descrizione così preziosa e puntuale di un festival che sarebbe piaciuto a Truffaut! Da quando è stata presa in ostaggio dai reality DeFilippeschi e dai film di Moccia, ci siamo rassegnati a vedere l'adolescenza trasformata in una stagione senza confini, un'opaca imitazione dell'età adulta, e questo piccolo festival pare volerle restituire la dimensione più misteriosa e autentica: quella dell'incontro con la vita.