Your Eyes Tell, di Takahiro Miki
Reitera le classiche formule del mélo nipponico contemporaneo, riuscendo talvolta a trovare degli sprazzi di vitalità. Ma nel terzo atto prende la via del sensazionalismo, fino a smarrirsi nei cliché

C’è una tendenza, nel macro-filone dei mélo giapponesi contemporanei, che sembra attraversare trasversalmente molte di queste opere, quasi rappresentasse una sorgente di codici e di metodologie narrative da cui i racconti in questione mutuano buona parte dei loro linguaggi: si sta parlando dell’asimmetria relazionale tra i due attori di un rapporto sentimentale. Una “disparità” da intendere non in termini di status sociale od economico, ma da rintracciare perlopiù nelle precarie – o quanto meno deficitarie – condizioni di salute della donna, destinata a farsi specchio delle crisi e della necessità di affezione provata dall’uomo: trovatosi, come accade al giovane protagonista di questo Your Eyes Tell, ad un punto di non ritorno per la propria esistenza, “salvata” momentaneamente dal rapporto catartico che lo lega alla sua anima gemellare, senza cui non sarebbe stato in grado di cancellare le colpe del passato, e lasciarsi di conseguenza alle spalle il buio verso cui si stava ormai per inoltrare.
Ri-adattando la storia del popolare mélo coreano Always (2011), Takahiro Miki declina immediatamente il racconto nella cornice dei classici “melodrammi sulla malattia” prodotti in serie dall’industria cinematografica – e anche televisiva – del Sol Levante, tanto da innervarlo senza soluzione di continuità di molti dei codici che contraddistinguono le narrazioni nipponiche omologhe. Seppur qui Akari (Yuriko Kashiwagi), una ragazza affetta da ipovisione in seguito ad un incidente stradale, non venga mai vittimizzata né tanto meno “feticizzata” dallo sguardo maschile, come storicamente avvenuto nei drammi sulle hibakusha (cioè le “sopravvissute alla bomba”) dal sapore nazional-popolare, la sua disabilità ottica diventa in Your Eyes Tell il filo connettivo che pone sullo stesso piano le difficoltà affrontate quotidianamente dalla ragazza con la vulnerabilità emotiva di colui che rimarrà da lei stregata. In tal senso l’ex kickboxer Rui (Ryusei Yokohama), soffocato da un doloroso passato che non riesce veramente ad abbandonare, vede in Akari – conosciuta casualmente nel parcheggio dove lavora – il riflesso delle sue stesse fragilità, tanto da riversare sulla donna non solo le sue attenzioni/preoccupazioni, ma da individuare in lei – alla pari dei protagonisti di drammi analoghi come Let Me Eat Your Pancreas o The Last 10 Years – l’elemento salvifico della sua vita: l’espediente che lo immetterà su un cammino di redenzione apparso, fino a quel momento, insperato, e perciò impossibile da percorrere.
Ciò che, almeno nella prima sezione di Your Eyes Tell, permette al film di variare sul tema, e di innervare le formule su cui si basa di un respiro relativamente inedito, è proprio il focus sulle crisi del passato dei protagonisti, e sull’apparente impossibilità di ambedue i personaggi di costruirsi insieme un futuro, al di là delle cicatrici che i loro rispettivi trascorsi hanno lasciato – e continuano ossessivamente a tracciare – sulle loro esistenze quotidiane. Lo stesso Rui, per permettere ad Akari di sottoporsi ad un’operazione costosa, ritorna momentaneamente al mondo dei combattimenti clandestini, in un’inversione di marcia che rovescerà per sempre il destino dei due amanti, e forse dello stesso film.
Ed è proprio qui, nel momento in cui Miki ribalta la situazione “patologica” dei due, con l’uomo che si ritrova ora in una posizione di “subalternità” e di dipendenza dall’altro, che Your Eyes Tell vanifica ciò che di buono era riuscito a raccontare, per inseguire la via del sensazionalismo più stanco e brutalmente ridondante, e sotto il cui peso la narrazione non può che sfaldarsi, fino a sprofondare. Tutto in nome di quel (dogmatico?) richiamo al cliché di genere a cui taluni registi nipponici, specialmente coloro che operano nel cinema di stampo mainstream, non sembrano minimamente in grado di rinunciare.
Titolo originale: Kimi no me ga toikakete iru
Regia: Takahiro Miki
Interpreti: Yuriko Yoshitaka, Ryusei Yokohama, Ryosei Tayama, Kyosuke Yabe, Toru Nomaguchi, Eita Okuno, Akane Sakanoue, Yoshinori Okada, Kanna Mori, Keita Machida, Jun Fubuki, Kaito Mifune
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 123′
Origine: Giappone, 2020