"Zathura – Un'avventura spaziale", di Jon Favreau

Jon Favreau, reduce dal successo del suo ultimo film "Elf", dimostra da subito una devozione viscerale per un certo tipo di cinema, come quello di Spielberg e di fantascienza delle origini. Il suo sguardo però è sospeso o imprigionato tra lo stupore e la credibilità, restando sempre a metà del guado, costantemente indeciso.

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Trasposizione di una storia per bambini di Chris Van Allsburg (autore di Jumanji e Polar Express), Zathura è un adattamento per il grande schermo, che parte sempre da un gioco di società interattivo scovato in cantina, che permette di viaggiare oltre ogni dimensione immaginabile, al di là dei confini dello spazio, dove due fratelli provano ad accettarsi e crescere insieme, lottando per la sopravvivenza, tra piogge di meteore, con alieni lucertoloni ostili, robot pericolosamente fuori controllo. Sembra essere alquanto agevole poter lavorare con gli scritti dello scrittore statunitense, considerato il fatto che i suoi libri seguono un format preciso, tipico delle pubblicazioni per bambini: ogni suo libro è molto conciso, poche pagine e tante illustrazioni. In questo modo gli sceneggiatori hanno già a disposizione una traccia iniziale ben marcata, dalla struttura chiara e delineata e che, allo stesso tempo, permette loro di spaziare oltre i contenuti iniziali. Il regista Jon Favreau, reduce dal successo del suo ultimo film Elf, dimostra da subito una devozione viscerale per un certo tipo di cinema, come quello di Spielberg (molti sono i richiami ad alcuni suoi film, tra i quali la bicicletta che vola o gli incontri ravvicinati del terzo tipo), in cui è possibile raccontare una storia travolgente che non disdegna di lanciare messaggi "intergalattici". Favreau, pur avendo lavorato per molti anni come regista indipendente e quindi pronto probabilmente a "rivoluzionare" i contenuti di fondo della storia, ha voluto non compromettere e conservare l'aspetto pedagogico del film, provando ad essere allo stesso tempo irriverente per poter coinvolgere trasversalmente il pubblico. Mostrando una certa qualità nel creare rapporti credibili tra i personaggi, ha però troppo insistito alla ricerca del realismo, provando a rendere ordinario lo straordinario, come può essere una casa vagante nello spazio e tra le stelle. Questo cinema è sospeso o imprigionato tra lo stupore e la credibilità, tirato ora da una parte ora dall'altra, senza mai perdersi per poi ritrovarsi, ma restando sempre a metà del guado, in costante indecisione. Al di là delle trovate visive e degli effetti speciali, quello che sembra lasciato incompiuto o che sembra tenuto a debita distanza, è la tentazione di volare, di lasciarsi andare e non tornare. La verosimiglianza che permette di identificarsi, nonostante gli elementi fantastici, dove due ragazzini entrano in competizione tra loro per poi allearsi e trovare il modo di tornare a casa, è una dinamica che sembra non conciliarsi con la palude dell'indefinito in cui si sprofonda seguendo l'immaginazione infantile ma, al contrario, si crea una sorta di barriera che si piega sotto i colpi dell'ignoto, ma non da mai la sensazione di poter effettivamente cedere e sbriciolarsi. Più che catapultati fuori dalla realtà dal cinema, è il cinema che resta fuori dalle quattro mura della casa/set, in attesa di essere risucchiato dal buco nero del sogno ad occhi aperti (o chiusi?). La paura che prende gli autori in questi casi è probabilmente quella di trasformare le proprie creazioni in imballaggi per video game. Quel gusto spiccatamente retrò per la fantascienza delle origini (vedi il robot o nemici dello spazio), sembra suggerire proprio questo, lasciando passare l'intenzione di voler trovare una perfetta combinazione di vecchie e nuove tecnologie e scoprire l'autenticità delle cose, con un tono un po' nostalgico.

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Titolo originale: Zathura


Regia: Jon Favreau


Interpreti: Josh Hutcherson, Jonah Bobo, Dax Shepard, Kristen Stewart, Tim Robbins


Distribuzione: Sony Pictures


Durata: 88'


Origine: USA, 2006

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